Recensione di Marco Cappelli, Yun Mu (2001)

MarcoCappelli_YunMu

Ho cercato in lungo e in largo per più di due anni prima di riuscire a procurarmelo chiedendolo direttamente all’autore. Un vero peccato la sua difficile reperibilità perché questa registrazione è un vero concentrato di idee ricche e intelligenti.
Di assoluto interesse l’interpretazione di Cappelli dei brani del The book of Heads: nel cd sono ospitati 10 dei 35 studi ideati da Zorn, mi sembra che qui si senta il diverso background di musicista classico del chitarrista italiano, rispetto alla formazione più “downtown underground” di Ribot, presentando una versione più ricca e carica di dinamica. Altrettanto strepitosa è Electric Counterpoint di Steve Reich con una versione decisamente particolare e insolita: Cappelli ha scelto di non seguire pedissequamente la struttura originaria del brano e di registrarlo ricorrendo non solo alla chitarra acustica e alla classica (qui modificata con l’aggiunta di altre corde libere di vibrare per “simpatia”) ma anche a un ricco repertorio di strumenti folk accordati in modo ad aggiungere un suono “etnico”, con una esecuzione allo stesso tempo impeccabile e rispettosa.
Di Claudio Lugo “la Fabrica de Carillon-Nana” è il pezzo più breve e forse soffre il suo posizionamento tra Zorn e Reich. Cinque minuti in cui la chitarra viene usata in maniera poco ortodossa, armonici, pizzicati, corde stoppate in un insieme armonico e percussivo assieme che risuona come gli ingranaggi delicati e meccanicamente precisi di un carillon nascosto all’interno di un uovo Fabergé. A chiudere i nove minuti circa del brano che da il titolo al cd della compositrice Junghae Lee e i tredici minuti di Napoletap di Giorgio Tedde, due pezzi diversi tra loro che a mio avviso condividono un senso di profonda intensità. In “Napoletap” come esplicitamente dichiarato dal titolo fa riferimento alle matrici folk della musica partenopea inserendole in un contesto sonoro dove la chitarra viene “processata” anche elettronicamente e dove mi sembra vengono date al chitarrista molte possibilità di espressione e di gestione del suono.
Nulla da eccepire: un disco semplicemente eccellente sia per la scelta del repertorio, che per la qualità delle interpretazioni che per l’abilità tecnica e artistica di Marco.