Recensione di Soledad di Susan Alcorn, Relative Pitch Records, 2015
C’è qualcosa di estremamente delicato, quasi terso nella slide guitar di Susan Alcorn. Qualcosa di davvero innovativo e importante che sta rivoluzionando il semplice e tradizionale concetto di “pedal steel guitar”, strappandolo dal suo ruolo tipico a cui finora eravamo abituati e inserendolo in una luce completamente nuova. Su questo Soledad Alcorn riesce a fare un ulteriore passo avanti arrangiando in modo assolutamente innovativo il lavoro del compositore argentino e il fisarmonicista Astor Piazzolla, ben noto per le sue composizioni che combinano il tango, jazz e musica classica.
Alcorn disegna un ampio insieme di suoni dal suo strumento, la trasforma in un organo sontuoso e barocco, in una specie di theremin per creare effetti noir da film di fantascienza, in una sonda sonora per indagare le profondità e le texture delle canzoni, per creare delle effimere e delicate architetture melodiche al servizio della musica di Astor Piazzolla. E’ sorprendente ascoltare i suoi tango reinterpretati in questo modo: la Alcorn riesce a creare una struttura eterea di grande profondità senza essere legata in alcun modo a una fonte di ritmo, quel ritmo ternario, la struttura, il cuore pulsante del tango qui sembra scomparire, dissolversi sublimarsi nella intensa melodia della sua pedal steel guitar. E’ un lavoro di intelligente e delicata decostruzione, di lenta e elegante precisione che scompone, esamina e poi riprende le canzoni, senza fretta e sempre memore della melodia originale. Bello l’intervento del bassista Michael Formanek nella “Suite per Ahl”. Se volete ascoltare qualcosa di completamente nuovo e stimolante, ma che sia allo stesso tempo ancora accessibile, date un ascolto a Soledad. Non ve ne pentirete, promesso.