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Intervista con Maurizio Grandinetti
Ciao Maurizio.. l’ultima volta che abbiamo fatto due chiacchiere assieme è stato in occasione del mio libro “Chitarre Visionarie”, credo che sia l’ora di fare un po’ il punto della situazione, il tuo primo cd, Equivoci, risale al 2003.. ora esce finalmente questo Seek, come mai così tanto tempo?
La pubblicazione del mio primo Cd fu tutto sommato una operazione semplice. Avevo da poco lasciato Roma per Basilea (per la seconda volta) e non fu particolarmente complicato convincere “Il Manifesto” a fare uscire il cd nella loro collana. Anzi, quella uscita avrebbe dovuto essere la prima di una nuova serie dedicata al mondo della musica contemporanea. L’operazione ebbe ai miei occhi un senso compiuto: la scelta del repertorio (John Cage & John Dowland), dell’etichetta, della copertina, tutto sommato il cd ebbe una vita felice, ben accolto dalla stampa e dalle vendite, agevolate dalla distribuzione del “Manifesto”. Invece sono seguiti anni di crisi per l’etichetta e per tutto il mercato discografico e quel “senso” trovato facilmente nel primo lavoro ha faticato nel secondo. La Svizzera offre a un musicista ottime possibilità concertistiche ma poche discografiche. Le etichette storiche svizzere di musica alternativa erano in quel momento difficilmente accessibili e poco interessate a nuovi lavori: si stavano leccando ancora le ferite finanziarie degli utimi anni. Il progetto “Seek” inoltre ha avuto una lunga gestazione: la selezione dei compositori, le commissioni, il lavoro di edizione e adattamento delle composizioni. Prima di registrare ho voluto collaudare i brani in concerto. Avendo voluto affrontare “prime esecuzoni” invece di repertorio collaudato, il percorso è stato più periglioso, lungo e anche affascinante. Inoltre negli anni trascorsi tra i due Cd sono stato molto impegnato con progetti che mi hanno completamente assorbito: l’Ensemble Phoenix Basel, la composizione di musica per teatro (4 produzioni con Joachim Schloemer), la docenza in vari Conservatori e attività concertistica di diverso tipo.
E nel frattempo… è cambiato tutto il mondo…
Infatti… Negli ultimi anni mi sembrava facesse più senso produrre dei video di buona qualità piuttosto che gettare un’altra goccia nel oceano discografico. Forse anche per questo abbiamo deciso di fare uscire anche un vinile di “Seek”. Trovo che tutto sia cambiato ma che il vinile conservi una magia che il cd ha perso.
Come è nata l’idea di realizzare Seek e come hai scelto i brani che ne fanno parte?
Quando ho iniziato a lavorare al progetto ero alla ricerca di un repertorio solistico per chitarra elettrica che mi convincesse. TTVT non era stato ancora scritto e c’erano pochi esempi validi da offrire (mentre nel mio lavoro con l’Ensemble Phoenix continuavo a suonare repertorio cameristico di grande qualità).
Ho chiesto quindi la collaborazione di alcuni amici e/o persone con cui ero comunque in contatto direttamente.
Ognuno dei compositori scelti nel cd offre un profilo molto particolare, che potremmo definire musicalmente “transgender”. Avevo la speranza di utilizzare queste composizioni per costruire ponti verso altre esperienze musicali. I compositori “puri” del Cd sono Eric Chasalow e Junghae Lee. Gli altri hanno affrontato la chitarra elettrica dal loro punto di vista specifico e unico. Due sono straordinari chitarristi (Elliott Sharp e Domenico Caliri). Alex Buess e Volker Heyn hanno una forte attrazione verso forme di musica elettronica, definibile metallica (non nel senso del genere) e industriale. Marcelo Nisinman segue la sua orbita costante verso il “suo” nuovo Tango.
Il disco è distribuito da A Tree in a Field Records, come hai trovato questa distribuzione?
Proprio per la sua vocazione “transgender” per me era importante non richiudere il cd in un contenitore troppo piccolo, come quello chitarristico o specificatamente contemporaneo. Attraverso l’Ensemble Phoenix e Daniel Buess (il percussionista per anni dell’Ensemble) sono entrato in contatto con una scena musicale di improvvisazione/noise/elettronca molto attiva in Svizzera che ha ben accolto il mio lavoro. Marlon McNeil di A Tree in A Field fa parte di questa scena.
Anni fa mi parlavi del fatto che con l’Ensemble Phoenix Basel volevate realizzare la vostra casa discografica indipendente, Seek esce proprio con la United Phoenix Records… alla fine ci siete riusciti…
Per la precisione il Cd esce con l’etichetta United Phoenix Records e il vinile con ATIAF. In realtà creare un etichetta digitale oggi è piuttosto semplice ed è sicuramente utile alla promozione dei progetti. Renderla un’attività significativa finanziariamente invece sembra impresa impossibile.
L’hanno scorso sei stato a New York, per quella settimana allo Stone di John Zorn, organizzata da Marco Cappelli, parlacene un po’ dai, io ho il cd… come è andata?
La settimana di cui parli è stata organizzata da Marco durante la sua residenza (ossia la possibilità di curare per una settimana la programmazione) allo Stone. Marco con la sua incredibile energia è riuscito a far convergere musicisti di ogni tipo, genere e nazionalità e come in tutte le kermesse che si rispettano è stato un tour de force organizzativo (12 concerti in 6 gg) ai limiti del possibile. Per me la settimana è stata ricca d’incontri che hanno già dato i loro frutti. Primo fra tutti quello con Adam Rudolph che è recentemente venuto a collaborare con una stagione che curo a Basilea. Nel gruppo con Adam, il Dedalo Guitar Project (oltre me e Marco, Domenico Caliri e Roberto Cecchetto) si è unito a una pletora di chitarristi stellari newyorkesi (Go Guitar Orchestra) con cui è stato un piacere suonare. In quella occasione ho anche suonato allo Spectrum dove recentemente sono tornato a presentare “Seek”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?
In questi giorni lavoro alla rilettura di capolavori vocali italiani rinascimentali e barocchi per flauto, clarinetto, arpa, chitarra elettrica ed elettronica. La prima esecuzione sarà il 19 febbraio assieme al soprano di Varsavia, la mia amica Anna Radziejewska. Sto poi da alcuni anni (altra gestazione lenta) collaborando con un compositore che mi sta molto a cuore, Giorgio Netti, per un ciclo di composizioni per chitarra elettrica che sarà eseguita nella stagione 17/18. A brevissimo uscirà un nuovo Cd di Paul Dolden con la mia registrazione di “Bebob Baghdad”, brano fantastico e esilarante. Accanto a ciò altri concerti con Ensemble Phoenix, in duo con mia moglie l’arpista Consuelo Giulianelli, una prima esecuzione con il sassofonista Marcus Weiss (una chicca ..), un concerto/spettacolo teatrale con Marcelo Nisinman e una violoncellista alla Elbphilarmonie di Amburgo, un concerto in trio col pianista Pierfrancesco Forlenza e il percussionista Paolo Pasqualin al “mio” Conservatorio di Como, un recital al Politecnico di Turku…. Tutto ciò mi impegnerà fino a maggio.
Rileggi sempre Luigi Nono?
Si. L’ho riletto recentemente sia per esigenze personali che didattiche nella preparazione di seminari al Conservatorio.
Senti.. qualche anno fa ho letto un bel libro di Bill Milkowski intitolato “Rockers, Jazzbos and Visionaries”. Carlos Santana a un certo punto gli ha risposto che: “Some people have talent, some people have vision. And vision is more important then talent, obviously.”…dopo tutti questi anni passati a suonare, a cercare sempre nuovi confini e ad allargare i precedenti…qual’è la tua visione?
Non so se ho una visione ma ho una necessità che mi mette costantemente in difficoltà. Penso di soffrire di una forma di claustrofobia musicale per la quale temo di rimanere intrappolato in un genere o in una esperienza che mi limiti la possibilità di espandermi. Non ho nessuna pretesa di cambiare confini ma voglio vivere la mia vita senza mai smettere di imparare dalla musica, che allo stesso momento richiede grandi specializzazioni (alla quale cerco di dedicarmi con lo studio monastico) e aperture all’apprendimento attraverso esperienze di condivisione con altri mondi musicali.