Recensione di “It’s not jazz, it’s worse” di Swedish Mobilia, Auand, 2016
Gli italianissimi Swedish Mobilia siglano l’ultima uscita discografica del passato 2016 per la casa indipendente italiana Auand con un disco dal fortissimo impatto energetico.
Il titolo, decisamente ironico, rimanda a una certa idea di jazz, maturata nel corso degli anni ’80 e ’90 con autori come Frank Zappa (Jazz from Hell, Make a Jazz noise here) e John Zorn (Naked City), ovvero l’idea di una musica con caratteristiche strutturali e improvvisative che potessero rimandare al jazz, ma con un’energica e una capacità di impatto prese dall’anarchia più feroce, dall’hard core e dalla No Wave newyorkese tramontata rapidamente proprio qualche anno prima.
La band, composta da Andrea Bolzoni (chitarra), Dario Miranda (basso elettrico) e Daniele Frati (batteria e percussioni), gioca sia a provocare l’ascoltatore con suoni abrasivi e dinamiche sghembe volte a stordire attraverso muri di chitarre distorte e tempi dispari a piacere, sia a cercare il gioco della citazione, sia con rimandi veri e propri al jazz (“Two Nights In Tunisia”, “Coffee To Go”, “Please” e “Time For Tea”), sia a giochi più geometrici e articolati, quasi progressive.
Il risultato finale è un disco caratterizzato da un interplay estremamente energetico tra i membri della band, che si sente che si divertono tra loro e che riescono a far divertire l’ascoltatore e a trascinarlo in questo loro vortice sonoro. Quando alla fine cala il silenzio viene la voglia di riascoltare il tutto a un volume ancora più alto e a cercare qualche “pogo” istintivo. Bellissima e ironica la copertina. Centratissima la citazione di Ballard nel libretto che accompagna il cd.