#Recensione di Difondo Sampler & Zither, Setola di Maiale, 2017 su #neuguitars #blog

scansione0028

Recensione di Difondo Sampler & Zither, Setola di Maiale, 2017

http://www.setoladimaiale.net/catalogue/view/SM3260

“E poi dove sta questa memoria collettiva che conserva tutto? Come è fatta?

Ennio Morricone “Inseguendo quel suono la mia musica, la mia vita” pag. 213

La domanda del Maestro Morricone è meno retorica di quanto può sembrare dal modo in cui viene annunciata in questo post. Nasce, infatti, da un discorso più ampio e generale nel quale il Maestro si racconta e racconta le sue perplessità a proposito di una “preoccupazione” vissuta da tutti gli appassionati di musica: quella “opinione” secondo cui tutto è già stato scritto, tutto è già stato sentito, ascoltato, che l’arte sia finita .. etc. etc.

Certo è innegabile che dopo un secolo vissuto a velocità supersonica come il Novecento si faccia fatica a trovare qualcosa di “nuovo: lo sviluppo dei linguaggi e delle forme artistiche è proceduto infatti a una tale velocità da riuscire a superare l’evoluzione che si era registrata nei precedenti quattro secoli. L’esplosione, poi, del pluralismo artistico e della molteplicità dei linguaggi ha lasciato tramortito o peggio indifferente un pubblico che non è riuscito, non ha voluto, non ha potuto, non ha saputo “tenersi al passo coi tempi”, in poche parole evolvere sia a livello individuale che collettivo.

Ho voluto scrivere questo perché queste riflessioni sono maturate contemporaneamente all’ascolto del disco Difondo Sampler & Zither creato dall’amico Giampaolo Campus e da Sergio Camedda per una delle case discografiche indipendenti, l’italianissima Setola di Maiale, a me più care. Ho ascoltato e riascoltato questo disco (in cui non è presente una sola chitarra) mentre leggevo il libro di Morricone e a un certo punto, come spesso avviene, ascolto e lettura si sono incrociate, corteggiate e mischiate tra loro.

Il loro di Giampaolo è molto particolare, appartiene a quella categoria complessa dove si incontrano la musica di ricerca, la contemporanea, l’avanguardia e altro ancora, insomma quel posto particolare dove un artista decide di esercitare il suo desiderio e la sua necessità di produrre una musica dalle esigenze commerciali e più consona alla sua volontà di creare qualcosa di personale e, soprattutto, onesto. Onesto, sia in senso professionale che personale.

L’idea è di giocare con l’improvvisazione ma in modo strutturato: da una parte di sampler pianistici creati da Sergio Camedda, dall’altro lo zither “preparato” di Giampaolo Campus. Il disco è il risultato istantaneo, estemporaneo e irripetibile della loro reciproca interazione, un’interazione dove le melodie del piano si intersecano con i suoni, col rumore, col colore “diverso” dello zither che viene suonato, percosso, accarezzato, strofinato in modo decisamente non ortodosso da Campus.

Abbiamo già ascoltato questo tipo di cose? Certamente. Siamo abituati a non saper più distinguere dal semplice ascolto tra composizione aleatoria, composizione estemporanea, improvvisazione radicale, improvvisazione non idiomatica? Certamente. E allora? Siamo condannati alla continua ricerca dell’innovazione? Del desiderio spasmodico di una nuova forma estetica? Forse ci sentiamo come dei novelli Sisifo che invece di rotolare la pietra sulla collina, ascoltano e ascoltano insaziabili sempre nuova, vecchia musica, un mondo dove il contemporaneo è oggettivamente ovunque dato che nella nostra discoteca mobile on-line possiamo attingere a un’offerta spropositata e indifferenziata. Forse, ma non abbiamo altra scelta e io ho scelto questo disco, questo…accumulatore di esperienze per poter riflettere su questi aspetti tipici della nostra era.