Recensione di Bach, Roman, Scarlatti, Teleman, Weiss di Enea Leone, Stradivarius, 2017
Vorrei provare a attirare la vostra attenzione su un aspetto che reputo piuttosto interessante: la discografia di un musicista. Nella nostra società attuale la musica ha cessato perfino la funzione di panorama sono che Satie, Eno e Schafer avevano previsto e in parte realizzato per noi. La musica, oggi, non è più un panorama, ma un flusso ininterrotto. La digitalizzazione delle registrazioni, la capillare diffusione con ogni mezzo e media tecnologico, i distributori di streaming diretto e l’utilizzo massivo degli smartphone ha reso l’ascolto non più una questione privata e temporale, ma una filodiffusione continua, un flusso continuo che ci avvolge, ci conforta, ci “da la carica” (odio questa espressione), ci “anestetizza” e che allo stesso tempo non ci libera.
Non sarà che l’ascolto oggi, l’ascolto inteso come una vera e propria attività che richiede tempo, impegno e dedizione sia nei confronti della musica che si ascolta, che del/dei musicista/i che la eseguono, che del medium che la trasporta (vinile, cd, mp3, etc) sia diventato un vero lusso, quasi un atto estetico che richiede un tempo oggettivo (la durata dei brani) e uno soggettivo (la qualità dell’ascolto)?
E se così fosse… quale sarebbe il ruolo di una recensione di un disco? O, meglio ancora, perchè scrivere e parlare ancora di un disco?
Quello che sottopongo alla vostra attenzione oggi, sulle pagine elettroniche del mio blog, è il nuovo lavoro del Maestro Enea Leone, il terzo cd della sua carriera. Allora, il suo primo lavoro risale al 2011, titolo “Souvenir, Regondi, Coste”, dedicato alle musiche romantiche di questi due compositori, il secondo, del 2013, intitolato “Agustin Barrios Medallon Antiguo”, opera monografica. Oggi, dopo 4 anni, non sono davvero pochi nell’industria discografica, esce questo cd che coinvolge le musiche settecentesche di Bach, Roman, Scarlatti, Teleman e Weiss. Tre dischi, tutti e tre prodotti dalla Stradivarius. Un caso? Non credo. Se i dischi sono per un musicista quello sono che i libri per uno scrittore, questi tre lavori parlano di un percorso, di un progetto, di uno sviluppo, di una ricerca seria e coerente, forse…anzi…di un’esplorazione all’interno di un mondo, quello musicale, così vasto e mutevole.
Suona bene il Maestro Leone? Certo. Suona davvero bene e il suo della sua Simplicio del 1929 è davvero incantevole. C’è un grosso lavoro dietro questo disco. Cosa cambia rispetto ai primi due? Non lo so, ma credo di poter cogliere nel suo modo di suonare una notevole maturazione, non tanto tecnica, quanto artistica. E’ un lavoro complesso che potrete godere in modi diversi. Potete ascoltarlo come un flusso, lasciandovi portare dalle musiche, oppure brano per brano, riascoltando e riascoltando un pezzo alla volta, smontando e rimontando nella vostra mente le trascrizioni che Leone esegue. In entrambi i casi non rimarrete delusi, a voi la scelta.
Disco eccellente. I miei rispetti per l’eccellente lavoro svolto da Andrea Dandolo, Luca Maria Burocchi e Daniele Marinelli, la loro attenzione per i dettagli del suono è semplicemente ammirevole!