Intervista con Arnaldo Volani
Buongiorno Presidente e benvenuto sul blog Neuguitars. Leggendo il suo curriculum sul sito dell’ Associazione Mozart Italia ( http://www.mozartitalia.org/it/arnaldo-volani/ ) sono rimasto colpito dal fatto che lei sembra unire tra loro l’amore per la musica (un amore che va dal jazz a Mozart), le nuove tecnologie sia in campo edilizio che nella comunicazione, l’imprenditoria, l’informatica. La sua figura mi ricorda alcuni aspetti della figura di Olivetti… l’imprenditore rinascimentale…Lei ha cominciato con il Jazz, in anni in cui non era semplice ascoltare queste musiche nel nostro paese…
Prima ancora del jazz, a 16 anni, il mio interesse era imparare la musica e il pianoforte ma i miei genitori mi dicevano sempre che “con la musica non si mangia” . Pertanto avevo capito che dovevo trovare un escamotage valido per convincere mia madre e mio padre, artigiano fabbro maniscalco, a cambiare idea. Ebbene, mi son recato dal parroco del mio paese e ho chiesto se avesse bisogno di un organista; la risposta fu positiva. Mia madre, cattolica da capo a piedi, aderì subito e mi diede l’ indirizzo di un padre francescano compositore che insegnava musica.
Fu cosi che iniziai a studiare il pianoforte, perche padre Ottone Tonetti, questo il nome del frate, diceva che prima di suonare l’organo si deve conoscere il pianoforte. Dopo i 18 anni e per vari anni a seguire ho suonato l’organo della chiesa, accompagnando il coro parrocchiale nelle messe domenicali e nelle messe “mattutine” in gregoriano, nonché in molti matrimoni.
Successivamente e in un altro contesto, ho costituito con degli amici il Quartetto Hidalgos, suonando per vari anni nei veglioni, in sale da ballo del Lago di Garda e in molti altri luoghi turistici ed è di questo periodo il mio innamoramento per la musica Jazz .
Nel febbraio del 1972 diedi vita al Jazz Club di Rovereto all’interno del quale nacquero la Leno Dixiland Jazz Band, una grande Big Band, e varie altre formazioni che spaziavano fino al free jazz, proponendo nella mia regione Trentino Alto Adige e in Lombardia uno spettacolo che comprendeva appunto tutta la storia del jazz. L’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1972 con il violinista Joe Venuti conosciuto al Capolinea di Milano. Poi, via via, ingaggiai molti noti jazzisti italiani e americani che facevano tappa, con i loro gruppi, nei noti jazz club a Roma, Torino e Milano, includendo anche la piccola città di Rovereto. Ricordo Jil Cuppini, Mario Rusca, Enrico Intra, Hugo Heredia, Giorgio Azzolini, Gianni Basso, Franco D’ Andrea, Angel Pocho Gatti, Ornette Coleman, Tony Scott, Chet Baker, Sam Rivers, Keith Jarret, Lee Konitz, Johnny Griffin; l’elenco potrebbe continuare ancora.
Di tutti i musicisti che ha incontrato quali sono stati quelli che l’hanno colpita di più?
Difficile dire quali, dei jazzisti conosciuti, mi abbiano colpito di più, avendo loro cultura e caratteristiche differenti; comunque tre mi hanno particolarmente impressionato: Chet Baker, Sam Rivers e Keith Jarrett.
– Chet Baker per la sua genialita e fantasia che sapeva essere intimistico, aiutato anche dalla sua voce romantica che trasmetteva forti emozioni.
– Sam Rivers per la sua particolare attività di plurestrumentista che sapeva mantenere la tradizione pur eccellendo nel free jazz.
– Keith Jarrett per l’unicità interpretativa delle sue esecuzioni.
Poi dal 1976 è entrato nella Filarmonica di Rovereto…è stato lì che ha incontrato Luciano Berio
Sì, fu proprio in qualità di Presidente della Società Filarmonica di Rovereto che ebbi modo di conoscere Luciano Berio e successivamente il suo Centro “Tempo reale”, centro di musica elettronica, sound design, sperimentazione sonora, cultura, produzione e formazione artistica per nuovi musicisti di musica contemporanea .
Leggendo i suoi libri, vedendo il programma che aveva inventato per la Rai “C’è musica & musica “, mi sono fatto l’idea di una personalità complessa, ma anche estremamente energica, volitiva. Lei che ha avuto modo di conoscerlo, che persona era Luciano Berio?
Luciano Berio, professionalmente, era persona sicura e decisa, non palesava dubbi; nei colloqui si esprimeva con eleganza e toni gentili. Era sempre alla ricerca di nuove idee di spettacolo; particolarmente proteso verso la sperimentazione. Ricordo quando gli proposi telefonicamente un’idea di composizione per la Campana della Pace di Rovereto; lui arrivò immediatamente a Rovereto con un tecnico americano proponendo “La Montagna che canta”, ipotizzando una quindicina di cori (in Trentino abbiamo molti cori di montagna) distribuiti sul colle di Miravalle (sede della Campana), diretti elettronicamente da lui, posizionato ai piedi del colle. Progetto che entusiasmò il sindaco di allora, Pietro Monti (Reggente anche la Fondazine Campana della Pace). Purtroppo il tutto non ebbe seguito per gli alti costi preventivati dallo stesso Berio e dal tecnico elettronico americano.
Come è nata l’idea di commissionargli la Sequenza XI?
L’idea della Sequenza XI per chitarra è nata a casa mia durante un pranzo con il direttore artistico della Società Filarmonica, Maestro Mariano Andreolli ed Eliot Fisk, noto chitarrista a livello internazionale che aveva tenuto un concerto per la citata Filarmonica la sera precedente. Fisk era alla ricerca di un compositore importante che avesse l’interesse a collaborare alla nascita di un brano a due “menti”: Compositore ed Esecutore. Si pensò subito a Luciano Berio data la frequentazione dello stesso compositore alle Settimane zandonaiane di musica contemporanea a Rovereto.
Telefonai al Maestro Berio e la moglie mi disse che era all’ estero. Fisk partì per l’America e io promisi di avvisarlo appena Luciano Berio fosse tornato.
Dopo una settimana chiamai il Maestro Berio. All’inizio non sembrava entusiasta poiché lo strumento non lo interessava, in quel momento; insistetti per creare un appuntamento con Eliot Fisk disposto a tornare in Italia e incontrare Berio a Radicondoli. Berio dopo un’audizione, accettò, dichiarando testualmente in una sua lettera a me inviata: “Caro amico, il suo “Mida” (da me chiamato “Re Mida” anche nel contratto ufficiale”) è sempre in ritardo nel rispondere agli amici. La ringrazio delle sue cortesi parole e tengo a confermarle che tutto va bene. Elio Fisk (un grande musicista) sarà qui da me il 16 gennaio e la Sequenza XI è a metà strada. Un caro saluto. Luciano Berio – Radicondoli 17.12.1987”
La Sequenza o la “maledetta” (come la chiamava Berio) è stata eseguita la prima volta proprio a Rovereto il 20 aprile 1988 da Eliot Fisk, lei è citato nelle note che accompagnano il cd. Che ricordi ha di quell’evento?
Ricordi emozionanti ancora prima dell’aprile ‘88.
Eliot mi scriveva numerose lettere di ringraziamento per questo mio intervento con Berio e mi aggiornava telefonicamente di ogni avanzamento dello studio e delle prove relative alla Sequenza XI. Forse nessuno conosce il fatto che Fisk dopo aver girato il mondo eseguendo la “maledetta” in circa 60 concerti, propose a Berio di trascrivere la Sequenza XI per chitarra ed Ensemble così da eseguire altrettanti concerti in numerose nazioni.
Ritornando alla prima esecuzione dell’aprile 1988, il pubblico riempì il Teatro Zandonai di Rovereto. Il 90 per cento erano musicisti e allievi dello stesso Berio, persone provenienti da tutt’ Italia, in particolare dal mondo della musica contemporanea . Tra l’altro il programma prevedeva l’ esecuzione non solo della Sequenza di Chitarra ma anche della Sequenza V per trombone eseguita da Michele Lomuto e della Sequenza VIII per violino con Carlo Chiarappa, un “Omaggio” a Berio (Serenata per quattro tastiere, sequenzer e addetto, del musicista Francesco Pisanu) e sempre di Luciano Berio 21 duetti per due violini (escutori F. Andrini – D. Brancaleoni – M. Bronzi – C. Bruciaferri – F. Cafaro – E. Casarza – M. l. Chisci – F. D’Orazio – A. Farolfi – G. Guida – A. Modesti – G.P. Peloso – R. Santi – A. Tampieri – P. Zanzani)
La serata si concluse a casa mia con una cena pantagruelica, con una quarantina di musicisti allievi del Maestro Berio, oltre ai 12 invitati previsti in origine dallo stesso Berio. Ricordo la presenza dell’ editore Giulio Einaudi con la moglie e il figlio Ludovico, pure lui allievo di Luciano Berio.
Caroline Delume, nel libro “Berio” a cura di Enzo Restagno, ha definito la Sequenza XI come “un brano sia estremamente diversificato sia ripetitivo: ; si compone di un numero assai piccolo di elementi che si ripetono sempre variati” (Berio, pag.179). Mentre Seth Josel, che ha inciso il brano per la Mode Records in un box dedicato a tutte le Sequenze, nel mio libro “Visionary Guitars Chatting with Guitarist” ha detto”The piece is organic much in the same way that Beethoven’s music is organic. I like to think of it as a spiral-like process. In my opinion, sorry for sounding pompous here, the work’s basic material simply does not justify a 15-minute composing-out of that material. That’s a highly subjective comment of course, but one that has been supported by some close friends of mine, composers of a high rank. My experience as both an audience member and performer has led me to believe that it’s extremely difficult to capture and hold an audience’s full attention during an airing of the work. This, in stark contrast to the way the trombone or viola Sequenzas. Regardless, it is a milestone indeed: that is, one of the most important composers of the 20th century composed a major work for the guitar. ” ( Visionary Guitars Chatting with Guitarist pag.130). Lei che ne pensa?
La cosa migliore è riportare quanto dichiarato dal compositore stesso:
“Con Sequenza XI per chitarra mi interessava sviluppare un dialogo tra l’armonia pesantemente idiomatica legata all’accordatura dello strumento e una armonia “diversa” (il passaporto fra i due lontani territori armonici è l’intervallo di quarta eccedente). In Sequenza XI sono presenti anche due caratteri strumentali e gestuali: uno ha radici nella tradizione della chitarra flamenca e l’altro nella chitarra classica (il tramite fra le due “storie” è stato il mio desiderio di sperimentare con uno strumento che amo molto). Il dialogo tra le due dimensioni armoniche da una parte e tra quelle tecniche e gestuali dall’altra avviene attraverso processi di scambio e di trasformazione continua di caratteri specifici e figure chiaramente riconoscibili.
Sequenza XI è stata scritta tra il 1987 e il 1988 per Eliot Fisk.”
E poi la grande passione per Mozart…
Sì, per Mozart credo che il caso abbia avuto un’influenza notevole. Da ragazzo ebbi occasione di ascoltare l’Ave Verum Corpus durante una celebrazione in chiesa e da allora il Genio di Salisburgo ha segnato la mia vita.
Nel periodo durante il quale fui presidente della Filarmonica di Rovereto, il presidente onorario Maestro Silvio Deflorian aveva appeso una foto del Tempietto dell’Armonia del giardino Bridi di Rovereto in un ripostiglio della Sala Filarmonica. Questa foto stuzzicò la mia curiosità per cui volli risalire alla sua origine. Trovai, nella biblioteca comunale, un libriccino uscito in occasione del 200° anniversario della nascita di Wolfgang Amadeus Mozart e scoprii in quel contesto la lettera di Leopold Mozart datata 7 gennaio 1770 che descriveva alla moglie il grande successo avuto da Wolfgang nel suo primo concerto italiano a Rovereto (avvenuto nel Natale 1769).
Da quel momento Mozart ha accompagnato la mia quotidianità. Nel 1988 ho fondato il Festival W. A. Mozart per onorare la sua opera e la sua memoria, chiamando, in qualità di direttore artistico, il mitico Maestro Sandor Vegh e la sua Camerata Salzburg. Il 12 gennaio 1991 ho costituito l’ Associazione Mozart Italia (AMI) data la grande richiesta dei mozartiani italiani di operare e organizzare durante tutto l’anno concerti nel nome di Wolfi. Dal 1991, dopo aver ottenuto il benestare della Stiftung Mozarteum di Salisburgo, ho fatto nascere 40 sedi mozartiane sul territorio italiano e 5 all’ estero: 1 a S. Pietroburgo, 3 in Giappone: Tokyo, Hokkaido e Osaka e 1 di recente costituzione a Sofia in Bulgaria, tutte facenti capo all’AMI di Rovereto. Facciamo inoltre parte del Network del Mozarteum che conta 120 associazioni mozartiane nel mondo.
Come ha visto cambiare la sua attività di promotore culturale in questi anni?
Premetto alcuni aspetti importanti per inquadrare l’ ambiente in cui abito.
Rovereto è una cittadina che, come tutto il Trentino AltoAdige, cadeva sotto il dominio asburgico. Per molto tempo fu denominata “l’Atene del Trentino” per la sua peculiarità culturale. Si pensi che nel 1752 l’ Imperatrice d’ Austria Maria Teresa costituì a Rovereto “l’Accademia degli Agiati” (agiati nel senso di persone pensanti) che raggruppava al suo interno musicisti, musicologi, filosofi, storici, linguisti e tutte quelle persone di cultura che eccellevano in campo umanistico e scientifico.
Paride Lodron, principe vescovo di Salisburgo, nato a Castelnuovo di Noarna nei dintorni di Rovereto, invitava i trentini al Collegio Rupertino e offriva loro gli studi universitari gratis! Paride Lodron ha fatto costruire il Duomo di Salisburgo e l’ università, salvando l’ Austria dalla guerra dei trent’ anni. La famiglia Lodron di Salisburgo ha commissionato a Mozart 4 composizioni; il concerto per 3 pianoforti e orchestra KV 242 , 2 divertimenti: Kv 247 e 287 compreso una marcia Kv 248 . Il Teatro di Rovereto, ora Teatro Zandonai, è stato costruito interamente con l’apporto dei nobili della città .
Cio premesso, e con la mia esperienza più che quarantennale di operatore culturale, posso affermare che il periodo migliore, sia dal punto di vista economico che di fervore culturale, si articola dagli anni settanta/ottanta del secolo scorso fino al 2006. In detto periodo la nostra Associazione ma in genere tutti i soggetti culturali sul territorio ottenevano finanziamenti dalle Istituzioni regionali, provinciali e comunali per spettacoli, concerti, convegni, concorsi musicali, ecc. Anche gli sponsor privati erano generosi in tal senso.Oggi purtroppo sia i finanziamenti pubblici che gli sponsor privati si sono ridotti notevolmente data la crisi perdurante. La situazione favorevole del primo periodo consentiva accordi con grandi solisti e orchestre internazionali a costi sostenibili. Da un decennio circa non è più consentito fare ingaggi artistici di tale portata. Negli anni ’80 e ’90 potevamo avere personalità come Luciano Berio, Salvatore Accardo, Vladimir Ashkenazy, Sviatoslav Richter, Sandor Vegh, Lazar Berman e orchestre come Santa Cecilia, Mahler Chamber Orchestra, Scottish Chamber Orchestra e altre molto note. Oggi è praticamente impossibile avere nomi di questo livello, data la crisi che attanaglia molte nazioni ed è risaputo che quando c’è da “stringere i cordoni della borsa”, la cultura è la prima a farne le spese!
Secondo lei l’uso delle nuove tecnologie e del web come nuovo canale di distribuzione di contenuti culturali come sta cambiando il nostro stesso modo di percepire e utilizzare la cultura?
L’ uso delle nuove tecnologie web, applicazioni e social network permettono oggi una conoscenza e uno scambio immediato di contenuti, dai file audio e video, ai programmi, ecc. che trovo estremamente positivo. Un mio ricordo personale nella preistoria di queste tecnologie, con il fax che usavo per ingaggiare gli artisti attraverso le agenzie addette, con lo scambio di programmi e partiture. Impensabile inviare file audio o video; per tutto ciò si usava la spedizione via posta tradizionale, inviando i long playing. Oggi la comunicazione avviene in tempo reale. Un concerto live si può trasmettere in streaming con un vastissimo pubblico internazionale. Solo un aspetto rimane irrealizzabile online: la bellezza dell’ascolto di un concerto dal vivo sul luogo del “delitto”!
Le faccio un’ultima domanda: secondo lei se Mozart avesse incontrato Coltrane… che concerto ci saremmo potuti godere?
Un concerto assolutamente straordinario, da brivido! Mozart avrebbe comunque vinto per le improvvisazioni sia al modo classico che jazz. Già a suo tempo, l’Imperatore d’Austria Giuseppe II organizzò un “duello” tra Mozart e il napoletano Muzio Clementi ottimo improvvisatore, che però perse la sfida, anche se “ai punti”!