#Intervista con Marco De Biasi (Agosto 2017) su #neuguitars #blog

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Intervista con Marco De Biasi (Agosto 2017)

Ciao Marco, sono passati un bel po’ di anni dall’ultima intervista, ben otto! Che cosa è successo nel frattempo?

Nel frattempo sono successe molte cose: nuove composizioni, nuovi video, nuovi quadri, nuove pubblicazioni, numerose conferme in ambito internazionale vincendo i più importanti concorsi di composizione dedicati alla chitarra e non (Boston, Pittaluga, Segovia, Lopez Graça, il Concorso Aniello promosso dal CIDIM che ha consentito al mio quartetto d’archi “Omaggio al suono rosso e al quadrato giallo” di essere suonato nelle più prestigiose stagioni concertistiche italiane dal grandioso Quartetto di Cremona) la presenza di miei brani in importanti rassegne di musica contemporanea come il “Festival de musica nueva – Manuel Enriquez” di Città del Messico e il “Play it” di Firenze ma soprattutto numerosi e validi interpreti che stanno suonando la mia musica nelle più importanti stagioni concertistiche dedicate alla chitarra in Europa, America e Giappone. Questa è la vera cosa importante per stabilire l’interesse suscitato dalla propria musica e, in definitiva, il suo valore comunicativo. Oltre a questo, due figlie che riempiono una parte considerevole delle mie giornate e che, sicuramente, vengono prima di tutto il resto.

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Dopo 10 anni di distanza dal tuo Fonocromie è uscito il tuo secondo cd solista “Hic et Nunc”… ce ne vuoi parlare? Come mai la scelta del titolo?

“HIC ET NUNC è un oggetto d’arte che rappresenta la volontà di superare lo stereotipo della riproduzione seriale. Sebbene l’opera non possa esentarsi in toto da questa necessità, ogni copia fonografica assume tuttavia una veste unica ed irripetibile. Tutte le custodie sono infatti diverse l’una dall’altra. Ognuna rappresenta un quarantanovesimo dell’immagine contenuta nella prima pagina del libretto, venendo a creare, di fatto, un’opera nell’opera.
Il punto di singolarità fondamentale si preciserà nel momento in cui, hic et nunc, sceglierai la tua copia e, di conseguenza, la tua opera. Così facendo determinerai l’unicità dell’oggetto d’arte che avrai in mano e farai sì che, proprio da quell’istante, esso cominci realmente a vivere come opera visiva e uditiva, a comunicare col suo interlocutore, ad essere, finalmente, opera d’arte.”

Il concetto di estemporaneità è presente a diversi livelli dell’opera:

– E’stata usata la fotografia come mezzo privilegiato di riproduzione istantanea della realtà: il vero e proprio momento (idealizzato) in cui le cose accadono, fissato sulla pellicola;
– I brani, anche se scritti, hanno un tipo di struttura e di sviluppo improvvisativo;
– Sono presenti due brani improvvisati su un canovaccio predefinito, in sede di incisione;
– L’Opera originaria esisterà solo nel momento della sua presentazione. Infatti, coloro che decideranno di acquistare una parte dell’opera andranno poco a poco destrutturando l’installazione.

Al fine di poter riproporre l’opera in altre occasioni, sono state create delle tessere sostitutive delle custodie, attraverso lo stesso procedimento. Queste andranno a creare mano a mano un residuo o riflesso dell’Opera originaria. Cio che quindi possiamo vedere di volta in volta esisterà solamente hic et nunc.

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Il Cd contiene brani premiati nei più importanti concorsi internazionali di composizione dedicati alla chitarra classica di cui parlavo prima:
1° Premio Concorso Internazionale “BOSTON GUITARFEST COMPOSITION COMPETITION” (2013);
1° Premio al XXV CONCURSO DE COMPOSICIÓN DE GUITARRA CLÁSICA “ANDRÉS SEGOVIA” (La Herradura-Granada, 2013);
1° Premio al Concorso Internazionale di composizione per chitarra classica “CLAXICA 2014”;(Italia)
1° Premio al Concorso Internazionale di composizione al “IV PRÉMIO INTERNACIONAL DE COMPOSIÇÃO FERNANDO LOPES-GRAÇA” (Portogallo 2014).

Questo cd è uscito in edizione limitata (solo 98 copie) con un packaging molto curato e particolare…

HIC ET NUNC è un’installazione. E’ un’opera d’arte composta da 98 custodie per CD, fatte a mano con cartone e tela, dipinte e stampate attraverso l’utilizzo di una stampante digitale. Queste custodie giustapposte le une alle altre (nel formato 14×7) vengono a formare il pannello di un grande quadro della dimensione di 198x92cm. Ognuna di esse contiene una parte dell’immagine complessiva del quadro. Ogni custodia contiene al suo interno il CD. L’installazione è dunque composta da una parte visibile (il quadro) ed una nascosta (il CD ed il suo contenuto musicale). Esiste anche una versione più piccola dell’opera, solo in Positivo, formata da 3×3 custodie, della dimensione di 42×38,8cm.

Per chi non è riuscito a procurarsi una di queste copie da collezione che possibilità ha di ascoltare comunque la tua musica?

Nel momento in cui sto rispondendo a quest’intervista esistono ancora 8 copie dell’opera da 98 pezzi e tutti e 9 i pezzi dell’opera più piccola. Se qualcuno fosse interessato basta che mi scriva in privato a marco@marcodebiasi.info

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Nella nostra precedente intervista del 2009 a proposito di una mia domanda sull’improvvisazione avevi risposto “Per me l’improvvisazione riveste un ruolo marginale, talvolta mi consente di ricavare dei temi che sviluppo in momenti successivi come tradizionalmente si usa fare in un processo compositivo. C’è una cosa però da dire: spesso l’ispirazione mette davanti agli occhi a alle orecchie dell’immaginazione il brano o il quadro concluso in un solo istante.” Nel tuo ultimo cd ci sono ben sette improvvisazioni… è cambiato il tuo modo di approcciarti a questo mezzo espressivo?

Direi di no! Fondamentalmente non sono un improvvisatore. In questo CD suono solamente un brano improvvisando e l’improvvisazione si basa su una traccia che seguo più o meno al 50% (a volte più, a volte meno). Certamente sto cercando di sviluppare questa capacità di realizzare estemporaneamente un’idea musicale che sia coerente e che prenda forma attraverso nuclei tematici chiari e definiti, senza perdersi in inutili melismi privi di significato e di direzione, ma questo non è davvero facile. Fare di ciò un modus operandi è davvero impegnativo, avrei dovuto cominciare molti anni fa oppure ci riuscirò solo fra molto tempo, probabilmente al prezzo di dover abbandonare tutto il resto. Ciò che rimane è invece la necessità di scrivere musica che risulti sempre come appena pensata, fresca e viva, come se, la prossima volta che la ascoltiamo, potessimo aspettarci qualcosa di diverso pur sapendo che il materiale tematico resterà sempre coerente.

In che modo la tua metodologia musicale viene influenzata dalla comunità di persone (musicisti e non) con cui collabori? Modifichi il tuo approccio in relazione a quello che direttamente o indirettamente ricevi da loro?

Ognuno di noi è un sistema aperto e subisce influenze esterne. Al contempo ognuno ha la propria personalità ed elabora le informazioni che gli vengono dall’esterno secondo la sua intelligenza e la sua sensibilità. In maniera direttamente proporzionale al proprio grado di coscienza un artista riesce a caratterizza le sue opere e, tanto più queste saranno autentiche e proverranno dall’intimo del proprio io, tanto più queste saranno utili agli altri. A tal proposito, per me è stato illuminante il saggio di Arturo Onofri: Nuovo rinascimento come arte dell’io. È consigliabile una lettura spregiudicata ossia libera da qualsivoglia pregiudizio.

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Come interprete, se ascolti una diversa interpretazione di un brano da te già suonato e che vuoi eseguire tieni conto di questo ascolto o preferisci procedere in totale indipendenza?

Vale quanto sopra.

Qual’è il ruolo dell’errore nella tua visione musicale?

Non farne sarebbe una bella cosa, ma non lo baratterei con una sterile paralisi emotiva. E’ chiaro che tendo al massimo dell’espressività e all’annullamento l’errore, ma non è questo il punto. Ciò che mi interessa davvero è calarmi all’interno del brano per poterlo vivere, hic et nunc, il resto è superfluo. Solo così chi ascolta e si mette in uno stato di aperta recezione può essere colpito emotivamente e gode di un reale scambio energetico con il musicista. Il resto si chiama critica e afferisce ad un altro modo di intendere la musica dal vivo oppure, se costruttiva, ad arricchire il tuo percorso artistico di nuovi obiettivi e punti di vista.

E qual’è secondo la funzione di un momento di crisi? Te lo chiedo visti i tuoi problemi con la distonia focale…

Crisi, dal greco krino: scelgo. Mi sembra evidente che in questi momenti è necessario prendere in mano la situazione e fare un salto in avanti, pena la inesorabile stasi e l’opprimente senso di impotenza. Questo non significa che il processo di riscatto non richieda tempo e fatica.

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Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta…..

A me non sono mai piaciute le cose preferite perché ogni cosa ha la sua particolarità e preferisco circondarmi di dettagli differenti e mutevoli piuttosto che reiterati stereotipi. Dopo un po’, le cose uguali a se stesse “stufano” e non le ammiri più nello stesso modo. Credo che in un’improbabile isola deserta imparerei ad ascoltare i suoni della natura, se non avessi cose più importanti da fare per sopravvivere, oppure eserciterei la mia immaginazione, così potrei vivere più a lungo.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?

Poiché sono ancora un uomo libero da vincoli contrattuali posso permettermi di avere i miei tempi di elaborazione e di realizzazione fisiologici, dettati dalla necessità interiore piuttosto che dalle necessità degli altri. Questa mi pare la migliore condizione in cui poter lavorare anche se forse non la più stimolante. I miei progetti prendono forma un po’ alla volta, senza all’inizio dar troppo ad intendere dove vogliono arrivare e da dove sono partiti. Raccolgo del materiale e poi questo prende forma da solo, in base all’energia che lo ha creato e a quella che riesce a sviluppare strada facendo. Come sempre, dalle micro alle macro strutture, cerco di utilizzare una progettualità che si sviluppa da sola, senza matrici predeterminate. Una sorta di improvvisazione controllata. Fino ad ora, creativamente parlando, questo metodo ha sempre portato ad evidenti risultati, non vedo perché cambiarlo. Ad ogni modo, credo che il prossimo lavoro sarà dedicato alla Terra. I tempi per la sua realizzazione non sono conosciuti. Quando sarò pronto lo saprete.

Senti.. qualche anno fa ho letto un bel libro di Bill Milkowski intitolato “Rockers, Jazzbos and Visionaries”. Carlos Santana a un certo punto gli ha risposto che: “Some people have talent, some people have vision. And vision is more important then talent, obviously.”…dopo tutti questi anni passati a suonare, a cercare sempre nuovi confini e ad allargare i precedenti…qual’è la tua visione?

Questa citazione mi ne fa venire in mente un’altra di Albert Einstein: “Imagination is more important than knowledge”. È qui che si trova il centro della creazione, nell’immaginazione. La capacità immaginativa è quella che ti consente di uscire dal reale per riuscire a vedere ciò che diventerà reale in un futuro prossimo. Faccio quindi miei i versi di una canzone di Silvio Rodrìguez e chiudo dicendo che “Yo he preferido hablar de cosas imposibles porque de lo posible se sabe demasiado”.