Recensione di freeHorn di Larry Polansky, Cold Blue Music, 2017
http://coldbluemusic.com/cb0049/
Qualche anno fa (2010) ascoltando il disco VVEAD FootHils Jam di Michael Vick, raccolsi il suo sfogo sulla mancanza di interesse da parte dei compositori nei confronti della chitarra fretless. Una cosa del tutto comprensibile ma anche..legittima. Se la famosa frase di Berlioz, che affermava che per comporre musica per chitarra occorreva essere chitarristi, aveva fermato diversi compositori nell’investire il loro tempo e talento nei confronti del nostro strumento preferito…possiamo immaginare quale può essere stata, in generale, la reazione nei confronti della chitarra elettrica, strumento principe della popular music, del rock e, sempre in generale, vista con notevole sospetto da chi aveva una formazione di tipo accademico.
Ma questi tempi sembra ormai decisamente lontani e così oggi possiamo ascoltare questo ottimo “freeHorn”, disco nel quale la presenza della chitarra non è solo un dato di fatto ma dove, con un certo stupore e con molto piacere, troviamo anche spazio per la chitarra fretless.
Il disco si articola in tre brani: il primo, “freeHorn” prevede l’esecuzione tramite un ensemble di otto elementi tra cui due chitarre. I componenti sono: Cello – Monica Scott, Electric Guitar – Giacomo Fiore, Electric Guitar [fretless electric guitar] – Larry Polansky, Horn – Krystyna Bobrowski, Piano – Amy C. Beal, Tenor Saxophone, Computer – David Kant, Trumpet – Tom Dambly and Violin [electric violin] – David Dunn. Un’ensemble piuttosto nutrito per una versione che si contrappone a quella per sola chitarra registrata da Giacomo Fiore nel suo LP del 2014 “IV : American Electric Guitars“. “freeHorn” (2004) è stato composto per qualsiasi strumento e elettronica, e, come scopriremo negli altri due brani che compongono il cd, testimonia uno dei tratti caratteristici dello stile musicale di Polansky: il suo interesse per la modulazione delle serie armoniche, in questo brano i musicisti ripetono delle serie armoniche ben definite e il loro intreccio generare una musica complessa, a tratti sognante e spesso di natura immersiva.
Gli altri due brani, “ii-vi” e “minmaj” sono per duo di chitarra e vedono la presenza di Giacomo Fiore alla chitarra elettrica e dello stesso Polansky alla chitarra fretless, il primo continua il senso di esplorazione di Polansky nei confronti delle serie armoniche, il secondo è invece è una trascrizione per chitarre del brano Angels composto per fiati da Carl Ruggles nel 1921.
Ma forse è meglio chiarire ulteriormente citando direttamente le note che accompagnano il cd: “ii-v-i, a reverberant cloud of moving intonation, gradually drifts from one natural harmonic series to another. Only open strings, 2nd, 3rd and 4th harmonics, and notes stopped at the 7th and 12th frets are used, and the guitars are audibly retuned from one “section” to another—each section having a new fundamental and a new tuning. minmaj is Polansky’s unique arrangement/“translation” for two electric guitars of Carl Ruggles’s 1921 work for muted brass, Angels. (It is the first movement of Polansky’s 3 Translations for Electric Guitar.)”
Il bilancio di questo cd è indubbiamente positivo: penso di aver ritrovato in Polansky alcuni aspetti che caratterizzano l’arte contemporanea degli ultimi anni: un’attenzione totale verso la tessitura dei suoni, una amore nei confronti della “piega” che ricorda alcuni aspetti della musica rinascimentale (ovviamente riletti in chiave post-moderna), una visione della musica come un aspetto immersivo e quasi tattile. La musica di Polansky inoltre non sembra sottolineare quella continua ricerca della complessità e della complicazione che spesso allontanano l’ascoltare dagli aspetti estremi della musica d’avanguardia. La musica di Polansky è piacevole, intensa e alla portata di chiunque voglia semplicemente ricevere dalla musica qualcosa di più di qualche semplice momento di distensione e di evasione. Indispensabile per chi ama suonare la chitarra fretless.