Recensione di Secret History Josquin/Victoria di John Potter, ECM, 2017
https://www.ecmrecords.com/catalogue/1489400472/secret-history-josquin-victoria-john-potter
Ho comprato questo disco perché attratto dalla prospettiva di poter ascoltare le tre vihuelas di Ariel Abramovich (tenor and bass vihuelas), Jacob Heringman (tenor and bass vihuelas) e Lee Santana (alto and tenor vihuelas), suonare assieme. Nonostante questo blog sia dedicato principalmente alla musica contemporanea non mi dispiace qualche incursione nell’ambito della musica barocca e rinascimentale. Sono diverse le cose che mi affascinano di questo mondo musicale: l’elegante bellezza delle melodie, la loro formale raffinatezza, gli ampi spazi lasciati agli interpreti che si trovano ad operare su delle tavolature invece che su degli spartiti, le possibili implicazioni di una musica che si divide tra uno stretto recupero filologico e le possibilità offerte da nuove e più ardite interpretazioni.
Fondamentalmente è una storia segreta, una Secret History, che si può riscrivere ogni volta in modo diverso e innovativo. La casa discografica ECM ha da tempo aperto una linea discografica dedicata a queste musiche di fatto liberando spazio a interpretazioni più ardite e attuali. In questo senso mi è difficile dare un’opinione su queste musiche: che tipo di visione interpretativa potrei usare per meglio definirle? Se mi limitassi a considerare la loro musica, la loro arte come una forma legata alla mimesis greca, dovrei considerare la loro volontà di rappresentare la realtà, la loro funzione sociale, ma questo in un tempo in cui la loro funzione è ormai esaurita. Se considerassi invece l’interpretazione di una musica antica come un modo per proiettarla nel presente, parlerei di una strategia radicale di conservazione di un testo troppo prezioso per lasciarlo invecchiare dietro a una teca polverosa oppure di uno stravolgimento del testo, di una sua alterazione da parte dell’interprete, di un suo adeguamento a una nuova società e a una nuova epoca.
Ma credo di aver esagerato. In fin dei conti non vorrei peccare di eccessivo intellettualismo estetico. La verità è che queste musiche, al di là di ogni possibile modo di interpretarle e analizzarle, comunicano grandi emozioni e una grande poesia. I musicisti sono davvero bravi e sanno creare una sorta di “tempo sospeso” dove è facile lasciarsi andare e trascurare la quotidianità. Era dai tempi del disco dell’Hilliard Ensemble con Jan Garbarek che non avevo modo di sentire qualcosa del genere, anche se non altrettanto radicale. Un ottimo lavoro, anche per un non addetto ai lavori come me.