#Intervista a Gabriele Orsi – C.O.D. Trio (Febbraio 2018) su #neuguitars #blog

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Intervista a Gabriele Orsi – C.O.D. Trio

Quando hai iniziato a suonare al chitarra e perché? Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale?

Ho iniziato da giovanissimo, risalgono al tempo delle scuole elementari le mie prime lezioni di chitarra. Mi sono appassionato sempre più finchè al liceo un compagno di classe mi ha regalato il disco “Back in Black” degli AC/DC. Sono rimasto folgorato da Angus ! Ho tentato di rifare tutto quello che suonava, poi ho scoperto anche altri chitarristi: Van Halen, Ritchie Blackmore, Jimi Hendrix, David Gilmour ecc…
La curiosità musicale e la voglia di suonare in un gruppo cresceva.
La prima band in cui ho suonato è il classico gruppo nato in cantina: cover conosciute, concerti tra amici e i primi abbozzi di brani originali. Pian piano ho scoperto l’ armonia, le basi teoriche e ho iniziato a leggere la musica. Dopo qualche tempo, mi hanno consigliato di seguire le lezioni estive del Berklee College a Perugia nel periodo di Umbria Jazz ed è qui che la passione per il jazz si è scatenata.
Due settimane intense di musica: lezioni la mattina, concerti la sera, ho scoperto le jam session e ho conosciuto un sacco di musicisti. Uno di questi mi ha dato una lista di dischi, libri e manuali da prendere per approfondire gli studi.
Ho studiato armonia funzionale, le prime nozioni di arrangiamento e l’ improvvisazione.
Mi piace spaziare e variare formazione, faccio performance in solo, ho suonato in Big Band, ho fatto parte di trii, quartetti, quintetti, dal jazz più tradizionale fino all’ improvvisazione totale.
A oggi ho registrato una ventina di cd: il primo“Mr. T.” del 2007, l’ ultimo proprio “Extra Item” con i C.O.D. ad aprile del 2017.

Con che chitarre suoni e con quali hai suonato? Usi qualche effetto o pedale particolare?

Ho iniziato con una Cimar acustica a 12 corde regalatami da mia nonna.
La prima chitarra elettrica mi è stata regalata dai compagni di classe al mio diciottesimo compleanno. (non li ringrazierò mai abbastanza), una Aria pro II, con cui mi sono divertito per molti anni.
Un liutaio alle prime armi mi ha poi costruito una chitarra super metal a metà strada tra la Flying V e la Warlock della B.C. Rich, una tamarrata incredibile che ho venduto anni dopo insieme al mitico Marshall Jcm 800 testata e cassa per prendere la mia prima chitarra jazz, una Gibson 135.
Negli anni ho avuto Ibanez JB10, Ibanez Artist, una Manne semiacustica, Gibson SG
Poi ho trovato una Patrick Eggle “Berlin”, ora è la mia preferita; suono principalmente questa alternata a Gibson 347, Ibanez AM205.

Per quanto riguarda gli effetti ormai da anni uso l’ analog multieffect, un pedale che mi ha costruito Roberto Bevilacqua di mdfitaly.
E’ comodo, poco ingombrante, tutto analogico e soprattutto contiene gli effetti principali che mi servono.

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Come è nato il C.O.D. Trio e il vostro ultimo disco Extra Item? La vostra è una formazione un po’ curiosa (sax, chitarra e batteria), sa molto di jazz…

Sinceramente non ricordo come è nato il trio, son passati ormai diversi anni. 
Con Biagio Coppa e Francesco Di Lenge lavoravamo nella stessa scuola. Nel mio quartetto “Mr. T.” il batterista era Francesco e nei concerti spesso interveniva Biagio come ospite. Eravamo coinvolti in progetti dove ci ritrovavamo spesso a suonare insieme, è stata una conseguenza. Non saprei come definire la nostra musica, alcuni ci inseriscono nell’ avanguardia.
Sicuramente ci basiamo molto sull’improvvisazione e il Jazz è il riferimento principale, nel senso che tutti e tre abbiamo radici e studiamo e ascoltiamo quello. Ma ci sono digressioni anche verso altri generi, composizioni dodecafoniche, riferimenti al Rock e il contrappunto è una costante.
L’ idea iniziale che poi ha dato vita al nostro primo cd è stata quella di rifare alcuni brani classici del rock come Money, We Will Rock You, The Wall ecc.
La cosa ha funzionato, ci piaceva e ci divertiva la musica, ma naturalmente avevamo l’esigenza di scrivere anche brani originali.
Nel 2011/12 per due anni consecutivi abbiamo organizzato dei concerti e due mini tour negli Stati Uniti: Boston, Philadelphia, Marlboro, Middletown e New York, dove abbiamo registrato il nostro terzo disco “Odd Original Songs”.
Extra Item nasce dall’esigenza di portare avanti un discorso musicale, è il seguito naturale di “Odd Original Songs”, in un certo senso la sua evoluzione.
Era da tempo che non registravamo nulla con i C.O.D. ed ognuno di noi aveva delle idee per dei brani, ci siamo rivisti e dopo aver provato e fatto qualche concerto per far fluire meglio la musica, siamo entrati in studio.

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Una delle cose che mi piace della struttura del vostro trio è che l’assenza di strumenti come il basso e il piano vi “obbliga” a ridefinire i ruoli dei vostri strumenti rispetto a un trio più tradizionale, come vi siete accordati?

Ci ispiriamo anche a gruppi dove il basso non c’è, il trio di Paul Motian o i Big Satan di Tim Berne per fare degli esempi. Non avere il basso è stata quindi una scelta artistica, per cercare una nuova via ed esplorare nuove soluzioni. Abbiamo registrato un cd dal vivo dedicato alla musica del contrabbassista Charles Mingus (Mingus Reform School- No Flight Records), ovviamente senza basso.
Abbiamo chiamato il contrabbassista John Patitucci per il disco “Monk’s Mind” (A.Brocca ed. mus).dedicato a Thelonious Monk, ma naturalmente senza il pianista.
Non ci sono accordi particolari, proviamo molto il materiale cercando soluzioni interessanti e poco scontate.
Altre volte qualcuno di noi arriva con un’ idea precisa e una composizione completa di tutti gli arrangiamenti.

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Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Conosco di più il repertorio che deriva dal jazz, dove l’ improvvisazione è fondamentale.
Lo è anche per me ed è il motivo per cui alcuni generi o idiomi mi sono più congeniali.
Non vuol dire che non si possa prender spunto o ascoltare altro.

Qual’è il ruolo dell’errore nella tua visione musicale?

“I made the wrong mistakes” diceva Monk, lo abbiamo anche scritto persino sul retro copertina del nostro cd “Monk’s Mind”. Non esistono note sbagliate, esiste una maniera diversa di usarle. A volte gli errori possono far nascere nuove idee.
Dipende molto anche da cosa si sta facendo, dal contesto, dal gruppo o dal genere in cui si sta suonando. Una volta in un seminario ho chiesto ad un musicista affermato come mai avesse suonato una terza maggiore su un accordo minore, la risposta è stata: perché no ? Molto soggettiva la questione.

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Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

Solo cinque ??
Non saprei da dove partire, ascolto tanta musica, lo trovo indispensabile.
Mi piace il Jazz moderno e tradizionale, l’ avanguardia, il Funk, la musica improvvisata, senza regole, ma anche il Blues.
Steve Coleman, Tim Berne, Frank Zappa, Anton Webern, Miles Davis, John Coltrane, Muddy Waters, Bach, Dave Holland, Dave Douglas, Bad Plus, Chris Potter, Jim Hall, Samo Salamon, Liberty Ellman, Ben Monder.
Sono i primi nomi che mi vengono in mente, ma l’ elenco è interminabile.
Difficile scegliere
Metto quelli che più spesso ritornano nel mio lettore cd e di cui non riuscirei proprio a fare a meno.

Full House di Wes Montgomery
A Swingin Affair di Dexter Gordon
After the rain di John McLaughlin
– Monk in Motian di Paul Motian
– Hand Jive di John Scofield
Lookout for Hope di Bill Frisell
Monk’s Dream e Brilliant Corners di Thelonious Monk

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?

Intanto vorrei riuscire a promuovere questo nuovo lavoro con i C.O.D.
Mi piacerebbe portarlo in giro, come abbiamo fatto in passato, anche fuori dall’ Italia.Per il resto oltre ai tanti gruppi e progetti che sto portando avanti come leader o co-leader, sto lavorando ad un trio acustico. E’ un po’ che mi solletica l’ idea di suonare la chitarra acustica. Mi piacerebbe riprendere i miei brani, riarrangiarli e ridar loro nuova carica, risuonarli in maniera diversa.