Intervista a Marta Dolzadelli (Settembre 2014) su #neuguitars #blog

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Intervista a Marta Dolzadelli (Settembre 2014)

La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il tuo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suoni o hai suonato?

Così come in tante case, anche nella mia c’era una vecchia chitarra con cui mia madre si accompagnava mentre cantava: da subito il suono di questo strumento mi ha stregata, tanto che al momento di iscrivermi alla scuola media ho scelto senza esitazioni l’indirizzo musicale, da pochi anni attivato nel mio paese.
Qui ho incontrato il mio primo insegnante Luca Trabucchi che mi ha guidata fino al diploma. In seguito ho approfondito lo studio del repertorio con Andrea Dieci e Bruno Giuffredi.
Il mio primo strumento di liuteria è stato una chitarra di Renato Barone del 2001, cui si è aggiunta da un paio di anni una chitarra di Stefano Moccetti, con la quale ho anche registrato Frames.

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Quest’anno (2014) è uscita la tua prima prova discografica con il cd “Frames” dedicato all’interazione tra musica e arti figurative con musiche di Toru Takemitsu, Mario Castelnuovo-Tedesco, Michael Tippett, Marco Ramelli, Kai Nieminem e Marco De Biasi, come è nato questo progetto e come hai scelto le musiche?

Da sempre sono grande amante delle arti figurative, in particolare dell’arte novecentesca e contemporanea. In questo senso, ho scelto il filo conduttore del disco abbastanza spontaneamente: tutto è partito da The Blue Guitar di Tippett, sonata indirettamente ispirata a un quadro picassiano, cui poi si sono man mano aggiunti gli altri brani, secondo un criterio di similarità stilistica. Unici brani che si discostano da questo punto di vista sono i quattro Caprichos de Goya che ho pensato di inserire come ideale cornice del disco. A fianco di opere di repertorio come il già citato Tippett, Equinox di Takemitsu ed i Caprichos de Goya ho pensato di valorizzare brani di autori contemporanei che apprezzo molto e che conosco personalmente.

Ho molto apprezzato la musica di Marco Ramelli, il suo “Im Nebel, Homage to Kengiro Azuma” .. hai mai avuto modo di incontrare il Maestro Azuma?

Purtroppo non ne ho ancora avuto l’occasione, anche se seguo con interesse il suo lavoro. Per approfondire la poetica di questo grande artista ho letto diverse interviste e guardato servizi televisivi a lui dedicati. Nel 2011 inoltre ho avuto modo di ammirare dal vivo alcune delle sue opere in una personale allestita al Museo del Novecento a Milano e in una mostra nell’ambito della manifestazione Oriente sui navigli.

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?

Credo che la ricerca storica e musicologica debba essere in grado di investigare senza preconcetti anche tutto ciò che magari il pubblico non comprende e non associa a qualcosa di già conosciuto e generalmente accettato, perché spesso magari è proprio in progetti al di fuori del mainstream che si possono annidare le idee più innovative e originali.
Il compito più arduo è poi quello di saper comunicare  non solo con gli addetti al mestiere ma anche con un pubblico più ampio ed eterogeneo.

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Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Quest’epoca ci regala straordinarie opportunità di conoscenza e di apprendimento, ma forse la più grande sfida per noi oggi è riuscire a discernere dal tutto che abbiamo a disposizione ciò che veramente ha valore.
Abbiamo ad oggi la possibilità di avere accesso a innumerevoli risorse musicali come spartiti, registrazioni storiche e documentari ma la pronta disponibilità di queste informazioni non è garanzia di ampliamento delle nostre conoscenze e della nostra visione globale della musica: tutto dipende dall’ intelligenza musicale e dalla sensibilità di chi ne fa uso.

Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

Difficile sceglierne solo cinque, ma ci provo! In ordine sparso:

DEBUSSY, Prèludes I Libro; L’Isle joyeuse- Maurizio Pollini
BEETHOVEN, Complete String Quartets- Quartetto italiano
MENDELSSOHN, Complete Piano Trios- Alteberg Trio Wien
SCHUMANN, Complete Works for Piano Trio- Altenberg TrioWien
SCHUMANN, GRIEG, Piano Concertos- K.Zimerman, Von Karajan

Quali sono invece i tuoi cinque spartiti indispensabili?

Anche qui è davvero difficile scegliere.. Frank Martin- Quatre pièces brèves, Maurice Ohana- Tiento, Michael Tippett- The Blue Guitar, Goffredo Petrassi- Nunc, Benjamin Britten- Nocturnal

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando? Parteciperai ancora all’organizzazione dei Festival Corde D’Autunno e Città di Mezzago?

Nel 2014-2015 ho in programma concerti di presentazione del mio disco in Italia e all’estero. Parallelamente continuerò ad approfondire lo studio del repertorio del XX secolo e contemporaneo, anche collaborando con compositori.
In quanto a Corde d’autunno e al Corso chitarristico Città di Mezzago, parteciperò sicuramente ad entrambe le iniziative. Il Festival Corde d’Autunno è una realtà dinamica e propositiva che offre da ormai cinque anni un programma molto variegato, dalla musica antica alla musica contemporanea.  Per me è davvero stimolante far parte di un team di giovani entusiasti e determinati a contribuire a rivitalizzare la scena musicale del Paese. Il Corso chitarristico Città di Mezzago si tiene nel periodo estivo ed anche quest’anno si è concluso con successo: il team organizzativo di cui faccio parte sta già raccogliendo le idee per il prossimo anno.

Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?

Penso che la musica nasca da un bisogno interiore dell’uomo, da una spinta creativa innata e in parte misteriosa.
Il musicista nella mia opinione è colui che decide di condividere con il pubblico questa necessità espressiva in maniera sincera, accogliendo la sfida di catalizzare la bellezza e la complessità della vita attraverso il proprio strumento. Credo che strettamente complementare al ruolo di esecutore sia quello di docente, fondamentale per aiutare un pubblico sempre più spaesato di fronte alla complessità del paesaggio sonoro odierno, per dirla con Schafer.