Intervista con Andrea Dieci (Agosto 2018)
Ciao Andrea, bentornato su Neuguitars. Nella nostra ultima chiacchierata nel 2016, avevamo parlato del tuo doppio cd dedicato a Takemitsu, uscito nel 2004. Quest’anno, quattordici anni dopo, sei tornato sui tuoi passi reinterpretando le musiche del compositore giapponese, come mai questa scelta?
Ciao Andrea, grazie innanzitutto per l’attenzione al mio lavoro e per l’ospitalità su Neuguitars. I motivi principali che mi hanno spinto a tornare a Takemitsu e a confrontarmi nuovamente con la sua musica sono stati il desiderio di fissare su disco le idee maturate in quattordici anni di esecuzioni e la volontà di migliorare alcuni aspetti che non ritenevo del tutto soddisfacenti nella registrazione del 2003, relativi soprattutto alla qualità tecnica dell’incisione. La prospettiva di registrare questa nuova integrale per Brilliant Classics, etichetta prestigiosa e sempre sensibile a progetti monografici sul repertorio di qualità, ha rappresentato un ulteriore stimolo.
Quattordici anni non sono pochi…sono stati davvero necessari per permetterti di interpretare le musiche di Takemitsu in modo nuovo?
Non penso di aver cambiato drasticamente la mia interpretazione in questa incisione rispetto alla precedente, anche se alcune differenze ci sono – ad esempio, la durata complessiva è minore e ha permesso di concentrare l’intero programma in un unico CD. Ritengo, piuttosto, che anni di esecuzioni abbiano plasmato le mie interpretazioni, arricchendole di un nuovo respiro e di nuovi colori. Quattordici anni non sono pochi: si maturano esperienze, è la vita stessa a riflettersi inevitabilmente nel far musica. Per non parlare dello studio quotidiano, dell’indagine timbrico-dinamica sempre in divenire…
Con che chitarre hai eseguito le sue musiche?
Ho utilizzato una Hermann Hauser del 1939, costruita espressamente per Andrés Segovia e a lui appartenuta per circa un decennio. È una chitarra di concezione già moderna, ma col fascino del suono modellato al tempo (e, sicuramente, anche dal tocco di Segovia). Grazie alla sua gamma timbrico-dinamica eccezionale, è uno strumento ideale per la musica di Takemitsu.
Sono rimasto colpito dalla qualità di registrazione di questo ultimo cd, le musiche sembrano quasi respirare e i rapporti tra suoni e silenzi sono davvero perfetti, chi dobbiamo ringraziare per questo ottimo lavoro?
Mi fa particolarmente piacere che lo pensi. La vecchia incisione mi sembra ancor oggi buona, ma ne percepisco i limiti nella presa del suono, che non ritrae fedelmente tutte le sfumature timbriche del mio tocco e dello strumento. Vi sento una sorta di “filtro” che smussa le dinamiche e i colori. Si era fatto il meglio che la tecnologia disponibile permetteva all’epoca, ma oggi questo non mi basta più – e, soprattutto, non rende del tutto giustizia a una musica come quella di Takemitsu, in cui il timbro è elemento vitale. La nuova registrazione è stata effettuata con le stesse impostazioni dei miei CD realizzati per Brilliant Classics, da quello dedicato a Henze in poi: riverbero naturale, nessuna equalizzazione, ripresa non eccessivamente ravvicinata per ambientare il suono in maniera simile a un ascolto in sala. Il bravissimo fonico con cui collaboro dal 2011, sempre con totale soddisfazione, è Alessandro Scandroglio.
Takemitsu ha composto molte musiche per chitarra, però ho l’impressione che nel suo repertorio, gli interpreti tendano a mettere da parte le 12 Songs, che invece per me sono 12 piccole gemme. Non hanno un carattere contemporaneo, ma attingono direttamente al pop e al jazz, tanto amato da Takemitsu, potrebbero essere questi i motivi di questa scarsa attenzione?
In generale, mi sembra che la musica di Takemitsu non abbia ancora ricevuto l’attenzione che merita da parte dei chitarristi. Non capita spesso di imbattersi in esecuzioni di suoi pezzi, forse perché ritenuti di difficile ascolto per il pubblico, o perché percepiti come distanti dalla nostra sensibilità. Eppure, è un grande compositore del Novecento che ha saputo reinterpretare in modo originalissimo e magistrale il suono della chitarra, esprimendosi in un linguaggio che ingloba moltissimi elementi della tradizione occidentale. Mi aspetterei di vederlo figurare più spesso nei programmi concertistici. Hai ragione, le canzoni sono trascurate anche più del resto. Difficile comprenderne il perché, visto che si tratta di piccoli capolavori nel loro genere, per di più di ascolto assolutamente immediato. Io le trovo eleganti e raffinate: Takemitsu, che molto modestamente definisce le Songs “Transcriptions for Guitar”, in realtà trasforma piuttosto radicalmente le canzoni originali, dimostrando anche in questo genere una spiccata sensibilità coloristica e un gusto per la contaminazione stilistica. Lo scorso anno, in preparazione della registrazione, ho eseguito otto delle Songs in concerto in un programma monografico su Takemitsu, inserendole a mo’ di intermezzi tra le sue opere originali. Ha funzionato benissimo e il pubblico ha apprezzato.
Il tuo rapporto con la Brilliant Classics sembra ormai consolidato, hai in programma altre incisioni con loro?
Prossimamente inciderò un disco dedicato a musiche per violino e chitarra di Mauro Giuliani, in duo con Piercarlo Sacco. L’uscita è prevista nel 2019.