#Intervista con Giuseppe Buscemi (Ottobre 2018) su #neuguitars #blog

Intervista con Giuseppe Buscemi (Ottobre 2018)

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Ciao Giuseppe, benvenuto sul blog Neuguitars, come è nato il tuo interesse per la chitarra?

Ciao Andrea! E’ un piacere essere ospitato nel tuo blog. E’ nato tutto nella maniera più spontanea: una sera d’agosto, quando avevo solo nove anni, mio padre tornò a casa dopo aver ascoltato un concerto, portando con sé con un regalo per me. Mi aveva appena comprato una chitarra classica! Ho quindi sùbito preso le mie prime lezioni, imparando i giri armonici e suonando qualche canzone. Successivamente ho incontrato Baldo Calamusa, il maestro con cui ho iniziato lo studio della musica classica, che mi ha poi preparato per l’ammissione al conservatorio, nel quale ho studiato con diversi maestri, fra cui Piero Viti e Stefano Mileto, prima di incontrare la mia attuale guida, ovvero Giovanni Puddu.

Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale?

Si tratta di studi tipicamente classici, svolti principalmente al conservatorio e presso l’Accademia Pianistica Internazionale di Imola nella classe di musica da camera di Nazzareno Carusi. Oltre all’ambito solistico, ho sempre avuto una propensione per quello cameristico: credo che la musica da camera, oltre ad essere un validissimo banco di prova, sia il modo migliore per interagire con altri musicisti, ottenendo un arricchimento che altrimenti sarebbe precluso. Suono in diverse formazioni cameristiche, la più particolare delle quali è quella col pianista Gianni Bicchierini.

Con che chitarre suoni e con quali hai suonato?

Dal 2013 suono con una chitarra in abete del liutaio Guido Di Lernia. In passato ho suonato con una chitarra Contreras.

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Come è nata l’idea di un disco così particolare come “Come, Heavy Sleep” e come mai hai scelto dot.Guitar come label per produrlo?

Credo che, soprattutto oggigiorno, un disco costituisca un biglietto da visita, un documento utile per presentarsi a qualcuno. Per questo motivo ho deciso scegliere questo specifico programma, perché ritengo che il ‘900 sia il secolo riguardo cui la chitarra possa avere qualcosa in più da dire rispetto ad altre epoche, sicuramente meno fortunate per la letteratura per chitarra. Ho scelto DotGuitar per la pubblicazione del disco perché la ritengo un’etichetta in grado di dare una buona visibilità anche ai giovani che per la prima volta si affacciano al mondo della produzione discografica.

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Per questo tuo primo disco hai scelto un repertorio decisamente contemporaneo… Frank Martin, Benjamin Britten…ma possiamo ancora definire Quatre Pieces Breves e il Nocturnal come musiche contemporanee? Dopo più di cinquant’anni non sarebbe il caso di pensare a loro come dei classici?

Credo non possano essere definiti contemporanei proprio a causa del significato che la parola “contemporaneo” ha nell’ambito musicale: piuttosto catalogherei questi pezzi all’interno della letteratura moderna.

Se ascolti una diversa interpretazione di un brano da te già suonato e che vuoi eseguire tieni conto di questo ascolto o preferisci procedere in totale indipendenza?

Dipende da quello che l’ascolto stesso mi ispira: cerco di rimanere sempre fedele a quello che è il mio punto di vista, ma l’ascolto rappresenta spesso un buon arricchimento per le prospettive interpretative di un brano.

Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

L’improvvisazione nella musica classica, secondo il mio punto di vista, ha un significato diverso da quello del linguaggio del jazz o di altri generi musicali, in cui l’improvvisazione prevede la creazione estemporanea del materiale principale del corpo musicale, ovvero della melodia. Volendomi relazionare al concetto di “improvvisazione” nel repertorio classico, credo che un interprete “improvvisi” su degli aspetti che non modificano la struttura, il ritmo o addirittura le note del brano, ma che in realtà sono altrettanto importanti: la velocità con cui fa un accelerando, la maniera in cui allarga un ritenuto, il modo in cui gestisce le diverse dinamiche fra loro, il tocco che dà ad ogni singola nota, il respiro che conferisce ad ogni frase. Si tratta di una serie di elementi che hanno una chiara definizione nella nostra mente, prima ancora che li andiamo a mettere in pratica, ma che acquistano ogni volta una essenza nuova, perché di volta in volta siamo liberi di realizzarli come più riteniamo opportuno. Ed essendo una scelta da operare sul momento, a mio giudizio si tratta di “improvvisazione”.

Qual’è il ruolo dell’errore nella tua visione musicale?

Non ha un ruolo, perché ritengo sia soltanto un’inesattezza momentanea, peraltro di poca importanza nel caso in cui si tratti di un errore di natura tecnico-digitativa: una nota sbagliata costituisce soltanto una distrazione, sia per l’ascoltatore che per l’interprete, ma essa fortunatamente non pregiudica il valore e la resa dell’opera intera, che invece si basa su aspetti parecchio più importanti, come la ricerca interpretativa operata sul brano stesso.

E qual’è secondo te la funzione di un momento di crisi? Te lo chiedo visti i tempi in cui viviamo…

Sicuramente non stiamo attraversando un momento facile, soprattutto per quanto riguarda l’ambito artistico-culturale: a causa dei tagli economici degli ultimi tempi, la scena artistica si è notevolmente ridotta, e di conseguenza per un artista diventa sempre più difficile riuscire a trovare concerti. Sono però dell’idea che non bisogna perdere le speranze, cercando con ogni forza di rimanere a galla. Come per tutti i momenti, si tratta di qualcosa di transitorio, che prima o poi passerà (o almeno lo spero)!

Ci consigli cinque dischi per te  indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi da portare su un’isola…..

Ciò che non ho detto sul modo in cui è nato il mio interesse musicale riguarda i generi che mi hanno ispirato ed appassionato fin da piccolo e durante tutta la mia adolescenza: si tratta di generi musicali come il rock ed il metal, privilegiando in particolar modo la scena solistica di alcuni virtuosi della chitarra elettrica come Yngwie Malmsteen, Steve Vai, Michael Romeo, John Petrucci e Paul Gilbert. Avrei centinai di dischi che vorrei portare con me (ovviamente anche di musica classica), ma se dovessi sceglierne cinque, credo che non rinuncerei a ciò che in origine mi fece appassionare alla chitarra. Sceglierei quindi:

  • Made in Japan dei Deep Purple
  • Rising Force di Yngwie Johann Malmsteen
  • The Divine Wings of Tragedy dei Simphony X
  • Scenes from a memory dei Dream Theater
  • Led Zeppelin IV dei Led Zeppelin

Immagino che si tratti di una risposta fuori dagli schemi, ma sono sicuro che a Favignana (che è l’isola dove vorrei andare, a dispetto di Hawaii e Caraibi) sicuramente apprezzerebbero! 🙂

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?

Il prossimo progetto è un disco per chitarra e pianoforte: si tratta di una formazione insolita, ma per la quale è stata scritta della musica molto interessante, soprattutto nel ‘900, periodo musicale sul quale sarà incentrato tutto il programma del disco, che vedrà anche la presenza di un brano di Carlo Galante, scritto per l’occasione per me e Gianni Bicchierini, mio grande amico e pianista con cui registrerò questo disco.