#Recensione di The Switch, Body/Head, Matador Records, 2018 su #neuguitars #blog

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Recensione di The Switch, Body/Head, Matador Records, 2018

http://bodyheadmusic.com/

https://bodyhead.bandcamp.com/album/the-switch

Sturm und Drang per chitarre. Niente battiti. Niente ritmo. Lento. Un ecosistema sonico scuro, denso, quasi inesorabile. Un’alchimia di intenti, di suoni sorprendentemente integrati e condivisi.

Una Kim Gordon che non sembra davvero voler abdicare al suo ruolo di prima donna nell’alt-art-rock e continua a dispensare idee, suoni, progetti e dischi. Kim Gordon sembrava essersi eclissata dopo la fine, amara, assieme a quella del suo matrimonio, dei Sonic Youth nel 2011. Tutto documentato in una autobiografia che ha riscosso parecchio successo e che sembra aver funzionato sia come richiamo mediatico, sia come cura interiore. Ma Kim è tornata, ed è in ottima forma. In realtà i Body/Head, duo che condivide con il chitarrista Bill Nace, hanno già prodotto due dischi: il primo “Coming Apart” del 2013, che rimandava allo sperimentalismo di pura matrice Sonic Youth, con Kim che cantava le sue canzoni con un tono cupo e esistenzialista. Un disco di rock pesante, emotivo, catartico, nei toni del nero e del grigio. Poi un disco dal vivo, “No Waves” del 2016, a ribadire la loro matrice di natura improvvisativa e sperimentale. Ora questo “The Switch” che rappresenta un salto qualitativo, forse un nuovo vero inizio stilistico, forse una nuova dimensione sonica.

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Per un duo che ha fatto dell’improvvisazione e dell’istante la sua cifra stilistica un lavoro in studio di registrazione può rappresentare un azzardo. Il rischio è quello di perdere la spontaneità, la scintilla creativa che scatta in una situazione “live”, l’energia e la adrenalina che il palco comportano. Ma non è certo il caso di questi due artisti navigati. Sì perché anche Bill Nace non è né uno sprovveduto né l’ultimo arrivato, con una carriera in ambito avant e con una serie di collaborazioni alle spalle tutte prestigiose. “The Switch” è un disco molto più esteso dei precedenti. Il rapporto tra i due è molto stretto e intenso. In questo nuovo disco Kim canta molto meno, con la sua voce sepolta nel mix di layer chitarristici da risultare quasi inintelligibile e stranamente non invadente. Le chitarre risuonano potenti e quasi ipnotiche, un flusso suddiviso in brani che sono uno la risultante dell’altro e con strati su strati di loop, droni e riff in un insieme che è allo stesso tempo astrato e libero.

Mettelo in loop e lasciate scorrere. Un disco praticamente perfetto. La classe non è acqua.