Recensione di The Maid with The Flaxen Hair di Mary Halvorson, Tzadik, 2018
http://www.tzadik.com/index.php?catalog=4024
1. Moonlight in Vermont
2. The Maid with the Flaxen Hair
3. Scarlet Ribbons for Her Hair
4. In the Wee Small Hours of the Morning
5. Shenandoah
6. The Nearness of You
7. Black is the Color of my True Love’s Hair
8. Old Folks
9. Misty
10 Walk Don’t Run
Johnny Smith. Che c’entra un disco di ballate di Johnny Smith con questo blog, con la sperimentazione, con la contemporanea, con l’avanguardia? Perchè l’ho comprato? Perchè il raggio laser del mio nuovo lettore cd lo sta letteralmente consumando, mentre ne sto scrivendo?
I motivi ci sono credetemi, ma cominciamo dall’inizio, da circa una anno fa, quando riusci a comprare la prima edizione mai registrata della Serenade di Schoemberg. Disco epocale, lo ammetto faccio ancora a fatica a trattenere la mia soddisfazione per l’acquisto, registrato nel 1949 per la ormai defunta Esoteric, con alla direzione il grande Dimitri Mitropoulos. Disco raffinato, registrato sul 33 giri appena un anno dopo l’introduzione di questo formato dalla CBS.
Ne scrissi sul blog qualche tempo fa, ma solo in inglese ( https://neuguitars.com/2018/02/17/arnold-schonberg-dimitri-mitropoulos-%e2%80%8e-serenade-opus-24-esoteric-%e2%80%8ees-501-1949/ ), un post solitario dove ricostruivo la storia di questo disco e del chitarrista chiamato a interpretare le parti di chitarra scritte dal maestro della musica dodecafonica. Quel chitarrista non era Segovia, non era neanche un chitarrista classico. Era un jazzista, americano, classe 1922, nato a Birminghan, Alabama, di nome Johnny Smith. Alla ricerca di informazioni ho controllato su quel libro bellissimo che è “The Jazz Guitar Its Evolution, Its Players and Personality Since 1900” di Maurice J. Summerfield, terza edizione del 1993. Cercatelo e compratevelo, ne vale la pena. Sempre meglio di qualsiasi Wikipedia. A Johnny Smith dedica due pagine, le 280 e 281, scrivendo di lui:
“Johnny Smith, one of the foremost jazz guitarists of the 1950s and the 1960s, is also an accomplished performer on trumpet, violin and viola. A self taught player he cites Andres Segovia and Django Reinhardt as his major influences. Smith, whose father was a banjo player and guitarist, first developed an interest in the guitar at the age of five”
Approfondendo ulteriormente scopro che è l’autore di un brano classico, da battaglia, di un gruppo rock strumentale The Ventures. Gruppo idolatrato dal sottoscritto, imperdibile per gli amanti della surf music. Il brano è “Walk, Don’t Run”. Capolavoro pop interpretato anche dal grande Chet Atkins. Che bella la musica. Che belli i suoi intrecci, le sue coincidenze, le sue stranezze.
Avevo un po’ lasciato da parte il buon Johnny Smith. Ma ci hanno pensato loro a farlo tornare tra i miei ascolti e i miei pensieri. Mary Halvorson e Bill Frisell. E la Tzadik di John Zorn. “The Maid with The Flaxen Hair”. A tribute to Johnny Smith. Dieci brani. Nove ballate associate a Smith, più la sua “Walk, Don’t Run”, il tutto per duo di chitarra e che chitarre! Ora che lo ascolto per quinta volta consecutivamente penso che ho sbagliato. Dovevo farmelo regalare per Natale. E’ un disco di ballate che diamine. E poi c’è “Walk, Don’t Run”. Frisell e la Halvorson la fanno diventare quasi una bouree. Una danza rinascimentale swingante e ammiccante come poche. E la contemporanea? E l’avangarde? Ma come non vi bastano delle ballate e una bella storia? “The Maid with The Flaxen Hair”è un bellissimo disco. Vi farà felici. Tutti quanti.