Recensione di Proof of Light di Mark Wingfield, Moon June Records, 2016
http://moonjune.com/catalogue.html
https://markwingfield-moonjune.bandcamp.com/album/proof-of-light-hd
Ho sempre nutrito opinioni e idee contrastanti sul progressive. Detesto i Genesis. Adoro i King Crimson. Apprezzo le articolate costruzioni del Re Cremisi, la disciplina infinita di Fripp e la sua incredibile, inesauribile capacità di rigenerazione e di rinnovamento. Detesto l’eccessiva verbosità insita nel progressive, le lunghe, troppo lunghe, suite, l’orpello gratuito e inutile, il ripiegamento di uno stile su se stesso. E per anni, ho pensato che ci fosse ben poco da salvare dalle macerie di questo genere e dei suoi epigoni. I king Crimson appunto. E mi sono sempre chiesto se da questo, se da loro che considero da sempre come i veri alfieri di questo genere sarebbe possibile ipotizzare una nuova linea evolutiva, qualcosa che porti di nuovo il genere a dei livelli diversi e interessanti.
Una risposta potrebbe arriva re proprio da questo “Proof of Light” opera del trio aggregato attorno al chitarrista britannico Mark Wingfield, un disco introspettivo, introverso, interessante, un disco da inserire nel contesto più ampio della sua casa discografica Moon June Records, che da anni sembra calamitare attorno a se quanto di meglio continua ad essere prodotto sotto la bandiera di un progressive-fusion nascente.
Un suono fantastico, frutto di una attenzione e di una passione smodata e dell’integrazione musicale tra tre artisti di ottima caratura. Fondamentale il sostegno massiccio e lineare della sezione ritmica, affidata ai solidi e affidabili Jaron Stavi al basso e Asaf Sirkis alla batteria. Sui loro tappeti e sui loro mandala ritmici il leader può operare con fraseggi liberi, chiarezza di idee e padronanza stilistica. “Proof of Light” è un disco interamente strumentale, dove l’obiettivo non sembra essere quello trito e ritrito del vecchio prog di stupire grazie a inutili volute rococò, ma quello di lascaire una chiara, precisa, identificativa impronta sonora. Niente virtuosismo sterile, niente acrobazie fini a se stesse, ma precisione, ricerca, dedizione, una cura maniacale per il piccolo dettaglio che diventa funzionale a un percorso musicale più largo basato su un equilibrio e un controllo ammirevoli.
“Proof of Light” è quasi un disco seminale, da ascoltare, riascoltare e rimanere stupiti. Molto bello il testo di Anil Prasad che lo accompagna, con interviste alla stesso Wingfield.