https://stefanopilia.bandcamp.com/album/in-girum-imus-nocte-et-consumimur-igni
“Ma niente traduceva questo presente senza via d’uscita e senza riposo come l’antica frase che ritorna integralmente su sé stessa, essendo costruita lettera per lettera come un labirinto da cui non si può uscire, di modo che essa accorda così perfettamente la forma e il contenuto della perdizione: IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI. Giriamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco”.
Così afferma Guy Debord nel film che proprio al palindromo latino è intitolato e che nei titoli di testa viene ricomposto, nella sua simmetria, a partire dall’esterno:
IN …. NI
IN GI … IGNI
IN GIRUM …. MUR IGNI
e così via, sino al punto di incontro tra nocte e la congiunzione et.
Il palindromo, una corsa all’indietro, è il nome che viene dato all’artificio letterario che impone il percorrimento delle sequenze in direzione contraria a quella codificata: una sequenza che, letta al contrario, lettera per lettera, si ricompone esattamente. Questo è il caso di IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI, l’ultimo disco solista realizzato nel 2019 da Stefano Pilia.
Nato a Genova e residente a Bologna, Pilia è un chitarrista e compositore elettroacustico che ha fatto del suo interesse per le qualità spaziali e scultoree del suono la sua cifra stilistica. Una dimensione personale che trova una sorprendente maturità artistica in questo ultimo lavoro, dove il suono della sua chitarra subisce una radicale metamorfosi acusmatica ponendosi in relazione con lo spazio, la memoria e la sospensione del tempo.
La struttura di “In Girum Imus Nocte Et Consumimur Igni” è composto da trittici compositivi corrispondenti su ciascuno dei due lati dell’album, caratterizzato da vaste, ospitali distese cromatiche abitate da da toni lunghi e frammentati, da fratture e collisioni ritmiche, da delicati origami e cangianti texture sonore. “In Girum Imus Nocte Et Consumimur Igni” fa onore al suo nome ermetico muovendosi attraverso un percorso di narrazioni simboliche, alchemiche e astrazioni poetiche, basato su armonie simmetriche, forme astratte e inquietanti, visioni effimere rallentate e glaciali, dove le melodie vengono proiettate in un gioco al rallentatore. Ho parlato di una dimensione acusmatica per la chitarra: è vero, Pilia utilizza la chitarra come un generatore di suono, un suono che viene filtrato, alterato, radicalizzato attraverso l’uso peculiare e astratto dell’elettronica ad essa collegata creando un contesto musicale che attinge al minimalismo, all’ambient e a forme contemporanee indeterminate.
Questo album mi ha colpito anche per la bellezza del design, opera di Bruno Stucchi / dinamomilano.com, che ha realizzato una insolita cover metà alchemica e metà decadente e del vinile, dove è stato usato un vinile grigio di alta qualità con un sorprendentemente effetto di marmoreo. Un lavoro davvero molto bello e raffinato
Una curiosità: nel Medioevo al titolo di questo disco veniva attribuito un potere magico poiché, se trascritta su una pergamena e poi bruciata, avrebbe permesso di trovare la formula della pietra filosofale. Io però non ho nessuna intenzione di provarci con il disco. Ne sono state stampate solo 250 copie.
“Ma niente traduceva questo presente senza via d’uscita e senza riposo come l’antica frase che ritorna integralmente su sé stessa, essendo costruita lettera per lettera come un labirinto da cui non si può uscire, di modo che essa accorda così perfettamente la forma e il contenuto della perdizione: IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI. Giriamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco”.