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Vicente Asencio (Valencia 1908 – 1979)
“Vicente Asencio fa parte del gruppo dei compositori spagnoli che dedicarono a Segovia alcune composizioni caratterizzate da un linguaggio tardo-impressionista, ma di matrice popolare. La suite mistica è composta da tre brani ispirati alla tradizione evangelica e il dedicatario la incise nel 1977. Fu l’ultimo lavoro del compositore.1”
Con queste poche, laconiche note, il libro “Segovia e il suo repertorio” di Eloisa Perricone e Adriano Sebastiani liquida il compositore spagnolo. Nel libro di Eva Moreda Rodrìguez “Music Criticism and Music Critics in early Francoist Spain”2 del nome di questo compositore non c’è traccia. Questo ottimo lavoro discografico del chitarrista italiano Alberto Mesirca recepuera lafigura di questo compositore spagnolo e contemporaneamente espone l’ascoltatore ad alcune personali domande di natura estetica e sociale.
Dicono bene Eloisa Perricone e Adriano Sebastiani: Asencio è stato un compositore caratterizzato da un linguaggio musicale ben consolidato, scevro da sorprese e intimamente legato alla natura spagnoleggiante della chitarra, una natura ben condivisa e promossa da Andres Segovia. Ascoltare le sue musiche, peraltro piacevoli, equivale a domandarsi come e se la percezione del tempo in cui viviamo possa cambiare da persona a persona. Il Novecento, il secolo di Asencio è stato caratterizzato da due guerre mondiali, una guerra civile nella stessa Spagna, il crollo di democrazie, regimi totalitari, sconvolgimenti sociali, un’incredibile densità artistica. Di tutto questo nella musica di Asencio non vi è traccia alcuna.
La sua musica sembra godere di una sorta di magica bolla atemporale, una sorta di totale isolamento storico, civile, culturale, sociale e, perché no, anche artistico. Come se un intero secolo fosse stato chiuso fuori, allontanato da un modello artistico ontologicamente chiuso in se stesso, in valori e idee ormai anni luce lontani dalla realtà quotidiana, indifferente a ciò che accade tutto attorno. Vi prego, non confondete questa analisi con il mio personale gusto musicale. Non sto condannando, né giudicando il compositore e tantomeno l’interprete, che ritengo di dover essere sempre liberi di scegliere cosa, come, dove e quando suonare.
Non sono un sostenitore di una qualunque militanza politica, ma le musiche di Asencio, forse sono una indiretta risposta alle istanze moderniste: si tratta di musica che esiste puramente in se stessa. L’unico riferimento temporale, il “Tango de la casada infiel” dedicato a Federico Garcia Lorca. La sua è stata solo una personale scelta stilistica o una perfetta espressione dei canoni del neoclassicismo? Il desiderio del rifiuto di un hidalgo della realtà attuale a favore di canoni estetici ormai consolidati, privi di sorprese?
E allora mi chiedo, come ho già fatto parlando dell’ultimo disco di Teho Teardo, non è che gli artisti, gli interpreti in particolare, corrono il rischio di trasformarsi in archivisti? Sono ormai diversi anni che noto, con una certa apprensione come le ormai ampie e economiche possibilità di registrazione unite a un intenso desiderio post-moderno stiano creando un archivio di registrazioni in cui la fisicità stessa sta scomparendo. Tutta questa mole di registrazioni ha ancora un senso diverso, un senso artistico in un’epoca in cui le differenze estetiche tra un’interpretazione e l’altra si stanno pericolosamente livellando?
1Eloisa Perricone Adriano Sebastiani, “Segovia e il suo repertorio”, Pag.97
2Eva Moreda Rodrìguez, “Music Criticism and Music Critics in early Francoist Spain”, Oxford University Press, 2017