
Chi segue il mio blog avrà forse notato la scritta che campeggia sotto il logo: “We design the prototypes Scott Johnson”.
Questa frase viene da una mia intervista a Scott Johnson, compositore statunitense che ha scritto delle belle composioni per chitarra e si trova a pagina 123 del mio libro “Visionary Guitars”. Più precisamente Johnson diceva “Experimentation will always be a minority interest. But many conservative people still have moments of curiosity, when they need something new, and we shouldn’t just chase them away. Providing novelty is part of our job in the culture (sometimes we will be hired and paid for this job, sometimes not). Evolution insures that culture will always need experimentalists. We serve the same function within culture that genetic mutation serves in nature: a source of unpredictable variation. Evolution cannot occur without a pool of variations to choose from. In nature, those genetic variations appear randomly. But in culture, we can consciously design the variations. This is what creative artists share with innovators in science or engineering: we design the prototypes, the early versions that become candidates for future change.”
Questi concetti mi sono tornati in mente mentre ascoltavo sul mio giradischi l’ultima fatica del chitarrista israeliano Yaron Deutsch, perchè? Perchè per avere un prototipo sono necessarie almeno due figure: il progettista e il realizzatore. E Yaron Deutsch è un realizzatore e un interprete fuori dal comune.
Ho sempre pensato che il concetto di prototipo, così come è stato espresso da Scott Johnson, sia davvero molto interessante. Ma cosa intendiamo per prototipo? Tecnicamente, il termine è di solito utilizzato in riferimento a congegni, macchinari e veicoli, il prototipo è il modello originale o il primo esemplare di un manufatto, rispetto a una sequenza di eguali o similari realizzazioni successive. Ma il prototipo non è una necessità avvertita solo dalle moderne aziende. Il ricorso al prototipo è, infatti, un’esigenza sentita sin dall’antichità, quando ci si poteva affidare solo a carta e attrezzi da disegno, per cui la realizzazione del prototipo permetteva di effettuare importanti osservazioni sul progetto in corso. Sul prototipo verranno effettuati collaudi, modifiche e perfezionamenti, fino al prototipo definitivo, da avviare alla produzione in serie. Come spesso avviene nella musica contemporanea.

Immaginate l’album di Yaron Deutsch proprio come una raccolta, una galleria di prototipi. “33 RPM” è una raccolta, un insieme ben organizzato e pensato di brani per chitarra elettrica realizzati ognuno da un diverso compositore: Steve Reich, Marco Momi, Tristan Murail e Clemens Gadenstätter. Un altro spiluppo della “conceptual guitar” a cui tanto sono interessato. Da una parte dei compositori (progettisti, designer), dall’altra un interprete (realizzatore, assemblatore, costruttore) brillante, intelligente, tecnicamente dotato e concettualmente sofisticato. Il risultato è un disco dove possiamo ascoltare sia dei “prototipi” già noti ed eseguiti da altri interpreti, sia delle nuove composizioni, indicative di come lo sviluppo di questi oggetti sonori di design avanzato si stia orientando.
La prima traccia non potrebbe essere più indicativa di questo “mood”, di questa mia sensazione: si comincia con “Electric Counterpoint”, probabilmente il brano più eseguito, il prototipo più apprezzato, interpretato, collaudato e perfezionato. Così come è un brano già noto l’eccellente “Vampyr!” di Tristan Murail, anch’esso eseguito e registrato in passato, due esempi di design di successo, di variazione genetiche che si sono fatti strada nella nostra cultura e che a loro volta hanno ispirato nuove forme, nuove possibilità evolutive, lungo quel percorso di cui Scott Johnson parlava nella mia intervista. Le novità sono date da “Quattro Nudi for electric guitar” (2014 – 2018) del compositore italiano Marco Momi e “Studies for a portrait for electric guitar solo” (2018) del compositore viennese Clemens Gadenstätter, due brani di diversa fattura e di diverso impatto rispetto ai precendenti. Qualcosa è cambiato. La chitarra elettrica viene contestualizzata in modo diverso.
Se I due prototipi di Reich e Murail mostravano una connessione con le idee rock e jazz presnti negli anni 80 in cui sono stati creati, questi due brani sembrano muoversi su territori alieni dalle forme di popular music. Sono levigati, cromati, lucidi, figli di un pensiero architettonico che ricorda quello di Frank Gehry e di Zaha Hadid. Sono due prototipi figli della decostruzione, che si assemblano e si disfano nota dopo nota e in cui è evidente e marcata l’attenzione verso il suono. Sono brani lunghi, impegnativi. Non ammiccano e non concedono. Isolazionisti, alla loro maniera. Portatori di una bellezza algida. Lucidi, cromati, quasi alieni. Di un design rarefatto avanti anni luce rispetto alle carrozzerie di oggi. Tutto questo registrato, intrappolato, congelato in una forma insolita per un progetto così avanzato: un LP. Yaron Deutsch, forse con un atteggiamento un po’ hipster ha pensato bene di realizzare questo album nel formato classico del disco di vinile. Mi trovo quindi di fronte a una duplice espressione: da un parte un desiderio di futuro espresso tramite le idee trasfigurate da elettrici design sonori idroponici, dall’altra un oggetto fisico che guarda a un passato, a una forma di retromania che sconfina facilmente nel feticismo oggettistico. Ne rimango perplesso, e la cosa mi piace e mi affascina e mi stimola a nuove connesioni e pensieri. Ma per ora basta, compio un’altra volta un rito dal sapore un po’ retrò: estraggo il disco dalla sua custodia, lo metto sul piatto, lato A, lo avvio, lo pulisco con l’aposita spazzola, abbasso la puntina e mi godo l’ascolto. Ah sì, “Electric Counterpoint” e mi perdo nel processo.
Links: