L’Imperatore Nero è tornato! Lunga vita all’Imperatore Nero! Su #neuguitars #blog
Due Aprile 2021. I Godspeed You! Black Emperor lanciano il loro nuovo album “G_d’s Pee AT STATE’S END!”, l’ennesimo capitolo di quella che ormai sembra definitivamente orientarsi come la loro saga a base di prog music ad alto tasso di epica e adrenalina.
qualche tempo fa avevo scritto un articolo, parlando dei loro primi quattro dischi ( Godspeed You! Black Emperor su #neuguitars #blog – NeuGuitars ), colgo quindi la palla al balzo per proseguire quel discorso, mentre il loro ultimo cd gira sul mio lettore.
Che cosa offre di nuovo “G_d’s Pee AT STATE’S END!”? Ben poco, anzi quasi nulla a quello che già sappiamo e che abbiamo ascoltato nei tre lavori precedenti: “’Allelujah! Don’t Bend Ascend” (2012), “Asunder, Sweet And Other Distress” (2015) e “Luciferian Towers” (2017). I Godspeed non cambiano gran che di quello che avevo già indicato, nel precedente articolo. Mantengono, con granitica coerenza, le loro cifre stilistiche, che vado qui nuovamente ad elencare e aggiornare:
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l’assenza di vere e proprie parti cantate, quando appaiono, le voci sono sfuggevoli, incomprensibili, fredde e cupe, spesso recitate e filtrate attraverso lo strumento hauntologico della radio sintonizzata su un canale morto. Voci di fantasmi, sussurri che passano attraverso i muri.
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le durate dei loro brani li avvicinano sia ai brani strumentali per ensemble da camera , sia alle cavalcate cosmiche degli Hawkwind, sia alle suite progressive e alle tempeste sonore di Glenn Branca;
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un certo gusto cinestetico molto simile alle colonne sonore oscure di Morricone, quelle collegate ai film di serie B softporno e di polizia violenta degli anni ’60 e ’70;
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l’epica che riescono a inserire in ogni brano. Normalmente partono lenti, con l’introduzione di scariche statiche prese da delle radio drogate dal rumore bianco per poi esplodere in una onda sonora energetica a dir poco elettrizzante che fa loro perdonare qualche mancanza nella costruzione armonica dei brani;


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il particolare layout dei loro cd. Guardate le foto dei loro album. I loro libretti le stesse confezioni cartonate denotano un gusto particolare per un certo design dall’aria apparentemente sciatta e casuale, ma che tradisce invece uno studio attento e una intelligente rielaborazione di immagini sfocate in bianco e nero, testi battuti su una vecchia macchina da scrivere, carta da pacchi o semitrasparente. Tutto sempre molto hauntologico.
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in questi ultimi quattro dischi le chitarre hanno preso nettamente il sopravvento, scalzando le linee create negli album precedenti dagli archi, il suono ora è molto più carico, più elettrico. Le chitarre però non si esprimono in assoli. Creano dense tempeste elettriche, nuvole stratificate di suono che ricordano le sinfonie di Glenn Branca e che si muovono all’interno dei brani accelerandoli, rallentandoli, generando dinamiche e pause cariche di elettricità statica in attesa di una risoluzione che viene spesso magistralmente rimandata;
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una forte, fortissima, componente progressive. Forse lo erano anche nei primi quattro album, ma adesso il suono ha assunto questa connotazione fortissima, che si regge a livello di suono puro. Dei gruppi storici del prog forse mostrano solo alcune assonanze cameristiche con King Crimson. I Genesis e Peter Gabriel sono lontani anni luce. E’ un marchio stilistico, non c’è traccia di suite barocche ornate di kilometrici assoli, la componente improvvisativa rimane un dettaglio importante così come l’amore per il rumore e la distorsione;
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questi quattro album sono molto simili tra loro, sì, alcuni hanno una componente più cupa, altri come l’ultimo, sembra scintillare al confronto, ma hanno tutti la stessa matrice ddi partenza, lo stesso lievito madre musicale. Non mi aspettavo nessuna novità da questo ultimissimo “G_d’s Pee AT STATE’S END!” e così è stato. L’Imperatore Nero resta tale sul suo trono. Granitico. Algido. Orgoglioso.
E allora perché comprare anche quest’ultimo disco se non registro nessun vero segno di una evoluzione stilistica? Che senso ha ascoltare una band che continua a replicare se stessa, fornendo solo piccoli segni di differenza tra un album e l’altro? Perché li adoro. Mi hanno conquistato, hanno preso la mia anima. La verità è che l’Imperatore Nero ha saputo creare un sortilegio sonoro così sofisticato, duttile, malleabile e immersivo che non se ne può più fare a meno. Attendevo questo disco da tempo. L’Imperatore Nero sa intelligentemente centellinare le sue uscite con precisione e perfetto senso del marketing. Un nuovo album ogni 4-5 anni. Cura i propri album con maniacale attenzione per i dettagli. Evoca un suono che non è a prescindere. Io non so resistere. Compro e ascolto a prescindere. Ho perfino smesso di dire a me stesso che sarà l’ultima volta, perché so già che comprerò anche il prossimo. Lunga vita all’Imperatore Nero!