“We now create” e “Indipendence tread on sure ground” due capisaldi del free jazz giapponese su #neuguitars #blog

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Il 1969 è un anno caldo per il Giappone. Il paese, come un po’ tutto il resto del mondo. ribolle di energie insoddisfatte, di violenti contrasti, di attriti culturali, sociali e politici. Il mondo del Jazz non è da meno e questi due dischi, col tempo, diventeranno non solo due pietre miliari del free jazz giapponese, ma anche due fotografie, due istantanee di un determinato, irripetibile momento storico. Uno dei centri tellurici delle rivolte e degli scontri con le forze dell’ordine, nonché fertile laboratorio di impollinazione culturale fu Shinjuku. Luci al neon, gigantesche scritte colorate, mega schermi, musichette e suoni di ogni tipo, voci di venditori, grattacieli. Gente, gente ovunque. Ora Shinjuku è noto per essere il distretto degli affari e dello shopping a Ovest di Tokyo. Questo quartiere è ormai un’icona della modernità giapponese, un tropo che suona tanto per il pubblico esterno quanto per quello interno: il brulicante termitaio di una stazione, lo snodo dei trasporti più trafficato della città, che gestisce oltre due milioni di pendolari al giorno; il paradiso dei consumatori dei tanti grandi magazzini interconnessi della zona; il cliché dello spettacolo di viaggio dell’arteria principale della zona. Un complesso multistrato di colore, movimento e modernità. Allo stesso tempo evoca senza sforzo un eccitante brivido di sporcizia e pericolo. Delle diverse dozzine di film giapponesi che hanno Shinjuku nel titolo, quasi tutti si collocano nei mondi illeciti della criminalità e del sesso. Registi come Miike Takashi (Shinjuku Triad Society) idealizzarono in particolare la sottosezione Kabukicho, un paio di isolati pieni di magnaccia, imbroglioni, bar, locali di spogliarello, bische e affari del sesso, campo di battaglia cross-culturale sporco di sangue tra bande mafiose. La squallida cultura sessuale di Shinjuku, dalle noiose fantasie curate dalle attività commerciali che si occupano del mercato eterosessuale di Kabukicho al famoso gruppo di bar gay intorno a Nichome, è stata documentata da fotografi come Daido Moriyama, Nobuyoshi Araki e Jim O’Connell. L’associazione di Shinjuku con il sesso e la criminalità è costruita su strati di sedimenti storici. I cantastorie del diciannovesimo secolo cantavano le gesta delle prostitute illecite che sollecitavano i viaggiatori quando la zona era ancora una stazione di posta alla periferia della città. Nell’immediato dopoguerra Shinjuku ospitava uno dei mercati neri gestiti da gangster più trafficati della città, oltre ai bordelli per soldati.

Durante gli anni Sessanta e Settanta, Shinjuku riuscì, tuttavia a crearsi una reputazione come una fucina artistica e politica, un incubatore di approcci creativi all’arte nato tra la famosa libreria Kiinokuniya, i minuscoli bar e i ritrovi di artisti di Golden-Gai (celebrato nella Tokyo Ga di Wim Wenders), i caffè jazz e classici di Kabukicho e i bar gay di Nichome. Le energie creative degli artisti furono in parte alimentate dal clima di rivolta nelle strade. Lo stato d’animo di abnegazione che era alla base del “miracolo economico” del dopoguerra aveva cominciato a svanire nel malcontento per i politici corrotti e nella rabbia per la guerra del Vietnam e per l’imperialismo americano. Per tutto il 1968 e il 1969, sette rivolte studentesche incendiarono i campus universitari in tutto il Giappone. Ci vollero 8000 agenti di polizia antisommossa, equipaggiati con cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e infine combattimenti corpo a corpo, per spezzare in due giorni la più famosa occupazione dell’Università di Tokyo. Durante l’inizio dell’estate del 1969, l’uscita est della stazione di Shinjuku ospitò vari concerti contro la guerra dei cosiddetti “guerriglieri del popolo”. Attirando prima centinaia e poi migliaia di sostenitori, questi raduni vennero strutturati attorno a discorsi polemici e dichiarazioni contro la guerra. I frutti della cultura d’avanguardia di Shinjuku alla fine degli anni Sessanta, in particolare le sue culture cinematografiche e teatrali sovversive, furono ben documentati. Registi come Oshima Nagisa (Diario di un ladro di Shinjuku 1968), Wakamatsu Koji e Adachi Masao utilizzarono l’area come sfondo, ispirazione e attore psico-geografico in sé. Il drammaturgo, regista e attore Kara Jfiro è stata un’altra figura importante nell’avanguardia di Shinjuku, le energie anarchiche delle sue rappresentazioni teatrali nella famosa tenda rossa del Santuario di Hanazono attirarono studenti radicali, intellettuali e agitatori politici. Molti di questi artisti fecero uso dell’avanguardia musicale (Kara invitò il gruppo di Yosuke Yamashita a fornire il supporto musicale per molti dei suoi spettacoli; il batterista Togashi Masahiko e il tenore Takagi Mototeru fornirono la colonna sonora per il film di Adachi Ryakusho “Renzoku shasatsuma”), l’area era sede di numerosi locali importanti per il nascente jazz sperimentale, il folk radicale e l’acid rock.

Questo fu quindi lo sfondo su cui prese vita il trio New Directions e dove venne registrato il loro primo album. “Jojo” Masayuki Takayanagi fu uno dei pochi musicisti jazz giapponesi a spingere contro i rigidi vincoli dello swing ortodosso, del bop e del jazz modale. Nato nel 1932 a Tokyo, Takayanagi abbandonò la scuola superiore all’età di 16 anni per diventare un musicista. Divenne professionista dopo tre anni di duro studio, facendosi le ossa in gruppi jazz come il Quintetto di Nishi Ryosaburo, il Daddy Little Combo e il Quintetto di Jokers di Sakuma Makio, il giovane Takayanagi si guadagnò presto una reputazione per la sua straordinaria tecnica e capacità di leggere a prima vista qualsiasi musica messa di fronte a lui. Nonostante avesse alle spalle una prestigiosa e comoda carriera, la sua irrequietezza musicale lo portò a formare una serie di gruppi di breve durata. Nei primi anni ’50, sembra fosse il 1954, mise insieme il suo primo gruppo New Direction, un radicale quartetto chitarra – vibrafono – contrabbasso – batteria, che condivideva gli sviluppi statunitensi contemporanei di Teddy Charles e Gerry Mulligan. Più tardi, nel 1961 con il Jazz Academy Quartet, fece la sua prima fuga dal dominio dei rigidi quattro tempi del jazz per sperimentare ritmi più liberi. L’anno successivo Takayanagi, il bassista Kanai Hideto e il pittore Kageyama Isamu formarono un collettivo di musicisti in stile AACM chiamato New Century Music Research Institute. Ogni venerdì, i membri si riunivano in un chanson bar di Ginza chiamato Gin-Paris, per spingersi oltre i limiti della creatività jazz. I ritmi standard, il ‘banale’ quattro quarti, venne subito messo alla porta a favore di soluzioni più rischiose e eccitanti. Oggi, alcuni degli esperimenti del collettivo sembrano possedere un formalismo ingenuo e eccessivo: chitarre suonate senza corde o con accordature casuali, game pieces creati distribuendo carte con su scritti in modo casuale accordi in modo da elaborare brani destrutturati melodicamente, pezzi basati sul ritmo del codice Morse, test di macchie d’inchiostro di Rorschach usati come partiture grafiche e così via. Ma per lo spirito della libera sperimentazione e dell’imprevisto questo collettivo fu una boccata d’aria fresca nella tranquilla scena jazz di Tokyo. Questi primi esperimenti giunsero a buon fine nel 1968 e nel 1969, quando l’ala radicale della scena jazz si spostò verso ovest attraverso la città fino a Shinjuku. Caffè jazz affermati come Nagisa e Taro e luoghi dedicati come Pit-Inn e la New Jazz Hall fornirono qualche spazio per musicisti jazz con una mentalità sperimentale la cui musica è stata evitata dai club più ortodossi di Ginza. Un certo numero di gruppi importanti posero le loro radici in questo periodo, come il trio di Yamashita Yosuke con il bassista Yoshizawa Motoharu e il sax tenore di Takagi Mototeru, e le unità guidate dal batterista Togashi Masahiko e dal pianista Sato Masahiko, formatosi a Berkley. Ciascuno incorporava idee e strutture a forma libera a vari livelli. Ma credo sia stato Takayanagi a generare la rottura più radicale con il jazz convenzionale e mainstream.

Il 23 maggio 1969 la casa discografica indipendente Victor1 registrò un album, un classico del free jazz giapponese, “We Now Create”, con il quartetto con Togashi Masahiko come leader e con la presenza di Masayuki Takayanagi, Mototeru Takagi e Motoharu Yoshizawa. Il disco condivise gli onori dei Japan Jazz Prizes con “Palladium” del Sato Masahiko Trio. L’era del free jazz era iniziata. “We Now Create” è un capolavoro creato da quattro persone che esplorano intensamente la vera natura dei loro strumenti. L’uso di Takayanagi della chitarra feedback, il lirismo del sax tenore e del flauto cornpipe di Takagi, il suono impeccabile del basso di Yoshizawa e, naturalmente, la batteria intricata e potente di Togashi rappresentarono la dichiarazione dell’arrivo di una nuova era. Molti fan del jazz giapponese hanno compreso per la prima volta la creatività del free jazz ascoltando questo disco. Nel suo libro “Free Jazz in Japan”, Soejima Teruto scrive di essersi imbattuto in Yoshizawa al Pit Inn il giorno in cui finirono di registrare e che gli disse ridendo: “We just made a great record. The only thing they told me was not to play any tremolo, but…I did. I still think it was okay.” Incorporando eleganti scampoli di feedback a quest’album, a suo modo così rigoroso, austero e impressionistico, Takayanagi riuscì a dare qualche efficace indicazione di quanto fosse ormai progredito il suo pensiero. La formazione 1969/1970 dei New Directions (Takayanagi avrebbe riutilizzato questo nome, in diverse varianti, per diversi gruppi nel corso della sua carriera) si riunì nell’agosto 1969. Era composta dal bassista Motoharu Yoshizawa (che aveva anche suonato con il Togashi Quartet in “We Now Create”) e un giovane batterista giovane di nome Toyozumi `Sabu’ Yoshisaburo. Toyozumi era appena tornato in Giappone dopo aver suonato per due anni in hotel lounge nel sud-est asiatico e nei club europei come membro del gruppo pop huckster Micky Curtis And The Samurais. Dopo aver visto Rashied Ali distruggere le sue nuove spazzole metalliche nello spazio di appena due canzoni nei concerti di John Coltrane a Tokyo nel 1966, ora era pronto a lanciarsi in piena libertà.

Concentrarono le loro attività sulla caffetteria jazz Nagisa, vicino all’uscita sud della stazione di Shinjuku. A causa del volume del loro modo di suonare e del loro approccio intransigente privo di melodia e ritmo, non ebbero con molte possibilità di suonare in spazi jazz più tradizionali. Nagisa era un ritrovo per hippy e gente di strada, e le persone che erano fatte di sonniferi Haiminaru, ancora legali all’epoca, potevano essere viste appisolarsi, a volte anche sul palco. Yoshizawa si divertiva a spingerli ai lati per sistemare la sua attrezzatura. Una volta iniziata la performance, si unirono alle persone che erano venute per la musica nell’apprezzare il free jazz. Gli hippy e la gente di strada hanno qualcosa in comune con il free jazz. Erano tutti degli outsider.

Era davvero rumoroso. Takayanagi lanciava sempre il suo amplificatore al massimo volume. Yoshizawa si lamentò di non riuscire a sentire sé stesso e finì con usare un amplificatore per basso più grande. Gareggiarono per chi suonava più forte. Soejima Teruto riferisce che Takayanagi sosteneva che: “There is so much information to relate that the volume naturally gets louder and louder.”. A volte prendeva una catena e, facendola tintinnare, la faceva scorrere le corde, o altre volte, colpiva le corde con un bastone un po’ più spesso di una matita, creando suoni incredibili.

I New Directions fecero le loro prove in un primo piano senza ascensore accanto a un ristorante tempura di Shinjuku. Questa stanza era ufficialmente il deposito per gli strumenti del Pit-Inn, ma entro la fine dell’anno il critico Soejima Teruto negoziò per trasformarlo in un locale dedicato al free jazz, che ribattezzò New Jazz Hall. Divenne immediatamente il luogo principale per la musica radicale a Tokyo, presentando gruppi fuori dal comune come il Taj Mahal Travellers e Now Music Ensemble, oltre a recital di poesie e proiezioni di film sperimentali di Kenneth Anger, Paul Sharits e dei giovani registi giapponesi Iimura Takahiko e Fujii Seiichi. Per tutto quel torrido agosto, Takayanagi, Yoshizawa e Toyozumi si chiusero in questo spazio senza finestre, sviluppando una metodologia giapponese completamente nuova per l’improvvisazione basata sulle teorie di Takayanagi sull’arte progressista. Toyozumi, ultimo sopravvissuto del trio originario, ricorda la certezza con cui il chitarrista presentava le sue nuove idee. Disse loro: “Play forte at all times. Don’t repeat any phrases. Listening to what the others are playing and trying to play along is strictly forbidden. No collaboration, run down your own path.”

Questo suona più come una filosofia che un metodo o un approccio musicale. Suonare insieme ad altri in un gruppo è qualcosa di profondamente radicato nei jazzisti. Non potevano semplicemente ignorarsi a vicenda. Distruggere queste consuetudini, rovesciare queste convenzioni, rappresentò un atto dadaista volto alla creazione di un nuovo spazio musicale attraverso la distruzione totale di tutto ciò che era venuto prima. Ma potevano essere letti anche come un passo in avanti, uno sviluppo evolutivo necessario se la musica voleva continuare a possedere vitalità e un senso di connessione con la vita contemporanea. Ed era quello che cercava Takayanagi. Takayanagi poteva essere sprezzante nei confronti di chiunque non fosse all’altezza dei suoi standard rigorosi, musicisti, critici o pubblico. Detestava quelli che professavano l’avanguardia ma che non conoscevano lo sviluppo storico della loro musica, quelli che preferivano imitare i cliché sicuri degli stili jazz importati o assecondare l’intrattenimento, quelli che cercavano di impressionare con una prosa carica di termini stranieri mal compresi. Lontano da un arido accademismo, Takayanagi, con il suo incessante studio della forma e del metodo musicale e delle condizioni storiche in cui erano sorti, arrivò all’inevitabile conclusione che l’improvvisazione stessa fosse sia l’unico approccio alla musica che potesse confrontarsi con le complesse realtà politiche della società giapponese contemporanea, sia il mezzo per cortocircuitare le proprie propensioni verso un accademismo stoico e arido.

Ascoltando “Piranha” e “Mass projection”, si può ottenere una migliore intuizione di ciò a cui stava arrivando Takayanagi. Mass Projection non fu solo uno dei titoli più usati da Takayanagi e in questo cd la bonus track presa dal LP “Guitar Workshop” di Kiyoshi Sugimoto, Ryo Kawasaki, Yoshiaki Masuo, Masayuki Takayanagi, ma qualcosa di più nello sviluppo della sua forma musicale. Sembra indicare una colorazione densa, veloce e caotica dello spazio che distrugge la percezione del tempo da parte dell’ascoltatore, e quindi dello sviluppo musicale. Apparentemente la Mass Projection consente una maggiore quantità di silenzio e quindi un apprezzamento della disposizione spaziale dei successivi eventi musicali al suo interno, ma allo stesso tempo conferma l’importanza dell’altissimo volume sonoro con cui il trio suonava. Trovo sia interessante fare un parallelo tra gli sviluppi musicali di Takayanagi e i disordini civili nelle strade di Tokyo nel 1969. In quell’anno arrivarono al pettine tutta una serie di nodi e di tensioni sociali e politiche, e il mondo della musica non rimase indifferente. Anche se molti artisti preferirono allinearsi a un modello commerciale già ben collaudato, ci fu, e Takayanagi fu uno di questi, chi preferì fare delle scelte alternative e puntare su nuove forme di sperimentazione più in linea con le dinamiche turbolente espresse dalla società e dalla contemporaneità. “We now create” e “Indipendence tread on sure ground” fanno parte di questa visione.

1La Victor fu la principale etichetta discografica americana lanciata alla fine di dicembre 1900 negli Stati Uniti da Victor Talking Machine Co.. Nel 1927, Victor stabilì una filiale in Giappone. Nel 1929, la Victor Talking Machine Company fu assorbita dalla Radio Corporation of America (RCA). Durante la seconda guerra mondiale, le ostilità tra Giappone e Stati Uniti fecero sì che la filiale giapponese di Victor venisse ceduta dalla RCA, diventando così una società giapponese indipendente. Nel 1946, l’etichetta Victor fu sostituita dalla nuova etichetta RCA Victor nella maggior parte dei territori e nel 1968, divenne nota come RCA Records. In Giappone, invece, l’etichetta Victor continua ad esistere; attualmente è di proprietà della società di Tokyo Victor Entertainment, Inc.