Perché un critico come Greil Marcus si occupa di “Guitar Drag” di Christian Marclay? #neuguitars #blog

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UbuWeb Film & Video: Christian Marclay – Record Players (1984)

Christian Marclay – Guitar Drag (2006, Clear, Vinyl) – Discogs

GreilMarcus.net | Writings by (and about) Greil Marcus

Penso conosciate tutti Greil Marcus. No, forse no, non i lettori del blog che hanno una formazione classica. Bene, Greil Marcus (19 giugno 1945) è uno scrittore americano, giornalista musicale e critico culturale. È noto per la produzione di saggi accademici e letterari che collocano la musica rock in un più ampio quadro culturale e politico. La sua scrittura è interessante, colta e si basa sia su una serie di collegamenti che hanno la capacità di allargare gli spiragli mentali del lettore, sia su una vera capacità affabulatoria. Greil Marcus affascina, come sanno fare i bravi narratori. Da uno che per tutta la vita si è dedicato principalmente al rock e alla popular culture non ti aspetteresti una incursione nel campo della musica contemporanea e sperimentale, ma Greil Marcus è capace di questo e altro.

Così succede che nel suo libro “Storia del rock in dieci canzoni” ti imbatti nel capitolo dedicato a “Guitar Drag”, pezzo sperimentale, molto sperimentale creato da Christian Marclay. Ma che c’entra Greil Marcus con un avanguardista come Christian Marclay e con un brano che si pone ai confini ontologici tra il pensiero politico, la sound art e l’arte concettuale?

Cominciamo parlando di Christian Marclay (San Rafael, 1955). Marclay è un artista e compositore statunitense. Ha studiato Belle arti all’Ecole Supérieur d’Art Visuel a Ginevra e alla Massachusetts College of Art a Boston. Attualmente vive e lavora a New York. Il lavoro di Marclay esplora le connessioni tra suono, rumore, fotografia, video e film. Pioniere dell’uso di dischi e giradischi come strumenti musicali per creare collage sonori, Marclay è stato definito, nelle parole del critico Thom Jurek, come “the unwitting inventor of turntablism.”. Il suo uso di giradischi e dischi, a partire dalla metà degli anni ’70, è stato sviluppato in modo indipendentemente ma parallelo all’uso dello strumento da parte dell’hip hop. Ha collaborato con musicisti e artisti come John Zorn, Butch Morris, Shelley Hirsch, William Hooker, Otomo Yoshihide e Okkyung Lee, Günter Müller, Flo Kaufmann. Thom Jurek ha anche scritto:”While many intellectuals have made wild pronouncements about Marclay and his art – and it is art, make no mistake – writing all sorts of blather about how he strips the adult century bare by his cutting up of vinyl records and pasting them together with parts from other vinyl records, they never seem to mention that these sound collages of his are charming, very human, and quite often intentionally hilarious.”

La sua attività artistica ha attirato al mia attenzione a causa di un video/installazione di 14 minuti, intitolato “Guitar Drag”. Guitar Drag mostra un camioncino che trascina una chitarra elettrica amplificata legata da una corda attraverso una carreggiata del Texas, fino alla sua aggressiva distruzione. Il film inizia con l’artista che lega una corda intorno al collo della chitarra e fissa saldamente il cavo dell’amplificatore prima di mettere in moto il pickup e partire. Il suono è, come si può facilmente immaginare, graffiante e tortuoso, a volte simile alla distruzione di un alveare arrabbiato e altre volte a un ronzio indecifrato proveniente dallo spazio. Questi suoni si intensificano quando il camioncino accelera e la chitarra lentamente cade a pezzi. Il video è stato creato, oltre che per rendere omaggio all’amore per il punk e per le sue tradizioni distruttive da parte dell’autore, principalmente in risposta all’omicidio, avvenuto, nel 1998 del 49enne James Byrd, Jr. di Jasper, in Texas, da parte di tre suprematisti bianchi e alle successive ripercussioni della tragedia. Si ritiene che Byrd sia rimasto vivo per la maggior parte del suo terribile calvario.

Dal 2000, Guitar Drag è stato esposto 24 volte in musei e gallerie, sia a livello nazionale che internazionale, tra cui la Hayward Gallery di Londra, la Galleria Koyanagi di Tokyo, il Museum of Contemporary Art, Chicago, lo ZKM Center for Art and Media a Karlsruhe, Germania, e la Smithsonian Institution di Washington, DC.

In una scena introduttiva inquietante, Marclay si prepara per il crimine. Annoda una corda intorno al collo della chitarra e la lega al retro di un vecchio camion Chevrolet. Collega anche un cavo dalla chitarra a un amplificatore, alimentato da tre batterie per auto, che si trova sul retro del camion. Suona alcune strimpellate quasi casuali, evocando le qualità antropomorfe dello strumento, nonché la sua preziosità, proprio come una persona, capace di bene e di male. Quindi, con l’amplificatore acceso, Marclay trascina la chitarra attraverso il paesaggio del sud del Texas. La metafora diretta ed estesa di Guitar Drag di un omicidio trascina lo spettatore, con immediatezza, in una prova di resistenza: guardando il video dall’inizio alla fine, siamo costretti a considerare (a lungo) l’impensabile. In questo modo, il video rinuncia al suo status di forma d’arte e funge invece da testamento.

Guitar Drag ha molti diversi livelli di riferimenti, allude sia rituale di distruggere le chitarre nei concerti rock, ma ricorda anche Fluxus e le sue numerose distruzioni di strumenti. È anche come un road movie, con riferimento al paesaggio del Texas, dove è stato girato, con riferimenti a cowboy e rodei. Riguarda la violenza in generale e più specificamente il linciaggio di James Byrd Jr. che è stato trascinato verso la morte dietro un camioncino. Attiva l’immaginazione delle persone in modi contraddittori. Il pezzo finisce per essere seducente e ripugnante allo stesso tempo. Guitar Drag non solo risuona con i nostri sensi uditivi e visivi, ma indaga anche simultaneamente su più livelli su storia, razza, geografia e questioni sociali attuali.

Dai primi suoni di nastro adesivo strappato, al suono familiare di qualcuno che strimpella le corde della chitarra, ai suoni di un motore che si avvia e poi lentamente l’inizio di un suono vuoto e allo stesso tempo umano, e che ci porta attraverso i ruggiti più profondi alle urla acute fino alla fine quando tutto rallenta e tace. Il suono innesca l’immaginazione, senza lasciare pace al pensiero. Perché anche se questo potrebbe essere visto, o ascoltato, solo come un pezzo noise, c’è troppo nell’idea dietro “Guitar Drag”, per non lasciarti irrequieto e pensieroso. Perché pensiamo che sia sbagliato distruggere o maltrattare uno strumento musicale, e cosa motiva le nostre reazioni quando vediamo strumenti musicali danneggiati o distrutti? Sono diversi i contesti artistici in cui avviene il maltrattamento o la distruzione dello strumento. Alcuni pezzi di musica contemporanea o di performance art comportano un uso improprio di uno strumento o addirittura la sua distruzione. Più notoriamente, alcuni musicisti nel mondo della musica popolare, in particolare del rock, hanno avuto l’abitudine di sacrificare i loro strumenti sul palco alla fine del loro spettacolo.

Il sacrificio di uno strumento incarna molti di questi aspetti: è incontrollato, frenetico, rumoroso e brutale. Altrettanto rilevante per la musica rock è la venerazione feticista dei fan per l’artista, e ancora una volta troviamo una connessione con la distruzione dello strumento: al pubblico viene spesso offerto ciò che resta dello strumento come una preziosa reliquia (termine che sottolinea ancora una volta la connessione tra lo strumento e il corpo del musicista). Il lavoro di Marclay esplora le connessioni tra suono, rumore, fotografia, video e film. “Guitar Drag” è un esempio potente di come, parafrasando Walter Benjamin, la riproducibilità tecnologica dell’arte non sia stata in grado di privarla della sua “aura”, cioè della sua presenza unica. Marclay ha saputo creare un‘idea ontologica di chitarra capace di superare i limiti della cultura di massa analizzati da Benjamin. Greil Marcus è stato abile a inserire questa visione nel contesto della cultura ‘popular’ estraendo il lavoro di Marclay dalla sua patina avanguardistica. “Guitar Drag” è uscito anche in vinile, a tiratura limitata. Il prezzo? Roba da feticisti.