Gli archetipi nei Synchronisms di Mario Davidovsky. Ensemble Phoenix Basel plays Synchronisms for solo instruments by Mario Davidovsky su #neuguitars #blog
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Mario Davidovsky: Synchronisms | Ensemble Phoenix Basel (bandcamp.com)
La parola archetipo (pronuncia: archètipo, dal latino archetypum, a sua volta dal greco Archetypon, composto di arche- e typos) è anche adoperato nel linguaggio filosofico (nella filosofia platonica indica l’essenza sostanziale delle cose sensibili); in psicologia e psichiatria designa l’immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo, la quale riunisce le esperienze della specie umana e della vita animale che la precedette, costituendo gli elementi simbolici delle favole, delle leggende e dei sogni. In filologia, in particolare nella critica testuale, si dice archetipo il manoscritto non conservato, ma ricostruibile attraverso la collazione dei codici noti, da cui questi ultimi deriverebbero, che rappresenterebbe il testo più vicino all’originale. Si tratta di un termine con forti reminiscenze ontologiche.
Questo album, uscito poco tempo fa in una lussuosa versione come doppio LP, realizzato dall’Ensemble Phoenix Basel, è il risultato dell’unione di una serie di archetipi musicali, una selezione dei dodici Synchronisms creati dal compositore argentino, naturalizzato statunitense, Mario Davidovsky (Médanos, 4 marzo 1934 – New York, 23 agosto 2019) tra il 1962 e il 2006.
Davidovsky nacque a Médanos in Argentina, Partido di Villarino, nella Provincia di Buenos Aires, una città a circa 600 km a sud-ovest della città di Buenos Aires e vicino al porto di Bahía Blanca. A sette anni iniziò i suoi studi musicali sul violino. A tredici anni cominciò a comporre. Studiò composizione e teoria con Guillermo Graetzer all’Università di Buenos Aires, e, nel 1958, con Aaron Copland e Milton Babbitt al Berkshire Music Center (ora Tanglewood Music Center) a Lenox, nel Massachusetts. Copland incoraggiò Davidovsky ad emigrare negli Stati Uniti e, nel 1960, Davidovsky si stabilì a New York, dove fu nominato direttore associato del Columbia-Princeton Electronic Music Center. La collaborazione di Davidovsky con il Columbia-Princeton Electronic Music Center continuò e dal 1981 al 1993 fu direttore del laboratorio e professore di musica alla Columbia. Nel 1994 diventò professore di musica ad Harvard. Durante la sua carriera Davidovsky ha anche insegnato in molte altre istituzioni: Università del Michigan (1964), Di Tella Institute di Buenos Aires (1965), Manhattan School of Music (1968-69), Università Yale (1969-70) e il City College di New York (1968-80).
Questo doppio LP rende quindi omaggio alla sua figura di sperimentatore e compositore. Colgo una sottile ironia nel fatto che i brani, questi Synchronism:
Synchronisms no. 1: flute – Christoph Bösch
Synchronisms no. 3: violoncello – Jan-Filip Tupa
Synchronisms no. 6: piano – Ludovic Van Hellemont
Synchronisms no. 9: violin – Friedemann A. Treiber
Synchronisms no. 10: guitar – Maurizio Grandinetti
Synchronisms no. 11: double bass – Aleksander Gabrys
Synchronisms no. 12: clarinet – Toshiko Sakakibara
siano brani per solisti. E’ come se, in un certo senso, l’Ensemble Phoenix Basel avesse rinunciato alla sua visione corale a favore di un insieme di singole partiture dedicate ciascuna a uno strumento, in grado di mettere in luce le qualità individuali dei componenti dell’Ensemble. E’ come se la foresta avesse deciso di mettere in evidenza i suoi alberi. Forse si è trattato di una conseguenza del Covid-19: impossibilitati a provare e a suonare assieme, i singoli membri hanno, magari, deciso di concentrarsi su delle musiche in grado di sviluppare individualmente, da raccogliere, poi, in un progetto collettivo. Una possibile interpretazione che ci riporta a un altro archetipo: quello di un Enssamble che accetta di scindersi in un progetto che, alla fine, dimostra essere sempre qualcosa di più della semplice somma delle sue singole parti. Le ontologie hanno un alto potere espressivo, dato che ci permettono di codificare adeguatamente la conoscenza di qualunque dominio applicativo, operando ad un livello di astrazione maggiore rispetto ad altre tecnologie concorrenti. Un modello ontologico come un archetipo ci mette a disposizione costrutti che permettono ad esempio di rappresentare in maniera del tutto naturale legami di ereditarietà e di relazioni, anche complesse, tra entità diverse. Come le musiche di Davidovsky, come i suoi Synchronisms, così complessi e affascinanti, volti a esplorare tutte le possibilità offerte da ogni strumento, di cui sembrano volere indagare ogni segreto, ogni possibile anfratto sonico e spaziale. Eric Chasalow, nel brillante saggio che accompagna il doppio LP, così li definisce “In that constrained environment, where each tiny sound was cut out with a razor blade and spliced to the next, it was necessary to find exactly what one could control to shape musical phrases. As the Synchronisms pieces themselves make clear, and as Mario often explained, © 2021 Eric Chasalow 2 the envelope characteristics – that is, the attack, sustain, and decay of each sound – were key. A phrase could now open up or find closure not just through a series of pitches, but also through a succession of different attacks, from very hard and abrupt to ones so gradual that notes gently appear out of silence. A succession of widely varying articulations can shape a motive that can be developed over the course of an entire piece. Moreover, the live and electronic sounds could modulate one another and become something totally new, joined in one expanded acoustical space; a kind of musical virtual reality. It is Davidovsky’s ability to exploit our expectations about the instrument in front of us — to manipulate the instrument’s normal limitations with wit and sophistication, that make these pieces so compelling.”
Archetipi. Creazioni uniche. Opere di un designer che ha scelto di creare prototipi indicanti traiettorie di sviluppo ad ampio raggio. Concentrati di informazioni e di stile. “Mario Davidovsky: Synchronisms” è un piccolo capolavoro ad alta intensità individuale, il quarto capitolo di una produzione discografica, rigorosamente auto prodotta, che l’Ensemble Phoenix Basel ha deciso di distribuire anche tramite Bandcamp.
