Ma che vuol dire “free”? La libertà della New Direction Unit su #neuguitars #blog

What is free?

Masayuky Takayanagi: Shit, man, what a question! East or West, out of all the concepts you could put a name to, “free”, is the most utterly dangerous.”

Blank Forms 05: Aspirations of Madness, Blank Forms Editions, 2020

Takayanagi aveva ragione. “Free” è un concetto pericoloso e facilmente deformabile sotto tutte le latitudini culturali e linguistiche. Ingabbiare sotto questo aggettivo la sua musica significa incorrere in un palese rischio di perdita di significato e contenuto. Che significa “free”? “Free” significa suonare quello che mi pare, quando mi pare? “Free” significa ascoltare quello che mi pare? “Free” significa che siccome quel tipo ha detto che suonare così va bene, allora deve andare bene per forza? Queste tre espressioni, così dirette e quasi oneste, esprimono in realtà molto bene gli orizzonti culturali di un mondo in cui l’idea di “free”, di libertà viene facilmente impoverita di contenuto, rendendo impossibile un ulteriore approfondimento.

Nel 1975 la New Direction Unit cambia nuovamente formazione. Il 14 marzo 1975 esce “Eclipse” per la Iskra Records, con Masayuki Takayanagi alla chitarra elettrica, Kenji Mori ai fiati, Nobuyoshi Ino al basso elettrico e Hiroshi Yamazaki alla batteria. Un album che ribadisce i concetti di gradually projection e mass projection che vedranno una loro forma più elaborata nei successivi “April is the cruelest month” e “Axis Another Revolable Thing Vol 1-2” usciti nello stesso anno, rispettivamente il primo registrato il 30/04/1975 e il 11/05/1975, il secondo il 05/09/1975, sempre con la medesima formazione. “Gradually Projection” è una improvvisazione decisamente frammentata in tanti piccoli gesti calcolati al millimetro, invece le “Mass Projection” sono dei veri e propri tornado sonori in cui la chitarra elettrica, la batteria, il cello e il sax si trasformano in delle vere e proprie arme letali. Anche questo disco è entrato nella classifica tra quelli più ricercati nella discografia giapponese. La leggendaria etichetta free jazz ESP Disk doveva pubblicare “April is a cruel month”., quindi, aspettandosi una forte domanda per l’album d’oltremare, la Iskra ridusse i volumi di stampa per Eclipse da 300 a solo 100 copie. Alla fine, l’accordo con la ESP non andò in porto, e “April is the Cruellest Month”, dovette aspettare fino agli anni novanta per l’uscita del CD. Eclipse divenne un santo graal per i collezionisti giapponesi con copie che cambiavano di mano fino a $ 3000, e dal momento che i master-tape erano misteriosamente svaniti sembrava estremamente improbabile che venisse mai ristampato. Tuttavia, per una sorta di miracolo, i master originali sono emersi dalle nebbie del tempo nel 2005 e noi comuni mortali possiamo finalmente godere della dinamica tesa ed esplosiva della sua registrazione originaria. Io ho acquistato la ristampa in CD del 2006, (PSF Records – PSFD-8025), e vi garantisco che gli esperti giapponesi hanno fatto davvero un ottimo lavoro.

Queste sono le edizioni a disposizione:

Eclipse = 侵蝕 (LP) Iskra Records (2) ISKRA-001 Japan 1975

Eclipse = 侵蝕 (CD, Album, RE) P.S.F. Records PSFD-8025 Japan 2006

Eclipse = 侵蝕 (LP, RE) Craftman Records, Iskra Records (2) CMRS-0075 Japan 2019

Eclipse vede il gruppo New Direction di Takayanagi presentare due sessioni (originariamente lati A e B dell’LP), adottando due approcci differenti. La prima sessione è sottotitolata Gradually Projection”, la seconda “Mass Projection”, e in entrambi i casi i musicisti spingono i loro strumenti in direzioni inaspettate, rendendo giustizia al soprannome del gruppo: Takayanagi, contribuisce con le esplosioni della sua chitarra elettrica, mentre Kenji Mori suona sax alto, flauto e flauto dolce, riempiendo gli spazi vuoti. La sezione ritmica di Nobuyoshi Ino al basso e Hiroshi Yamazaki alla batteria è feroce e selvaggia. Le prime due tracce, “Gradually Projection”, del lato A si snodano progressivamente attraverso un procedimento che garantisce un assemblaggio di suoni rispettabilmente denso e potente, dove percussioni sferraglianti, sax e chitarra striduli, progressivamente emergono e scompaiono all’interno di un magma sonoro in continuo divenire. La seconda session, sottotitolata “Mass Projection”, è selvaggia fin dall’inizio, 25 minuti di turbinio denso, pieno di emissioni di chitarre acuminate, squilli di sax e ritmi in costante movimento. Possiamo definire “Eclipse” come free jazz? Alcuni potrebbero considerare questo rumore, e nel 1975, insieme altri due album come “April is the cruelest month” e “Axis Another Revolable Thing Vol 1-2”, avrebbe tranquillamente collocato la New Direction Unit al di fuori della maggior parte delle geografie sonore esistenti. Stranamente commovente..

Dopo “April is the cruelest month” e “Axis Another Revolable Thing Vol 1-2”, di cui ho già parlato nel blog e di cui vi invito a recuperare gli articoli:

Masayuki Takayanagi’s New Direction: Aprile è davvero il mese più crudele? su #neuguitars #blog – NeuGuitars

Volume versus Masses, Masayuki Takayanagi plays “Axis/Another Revolvable Thing” (2LP Bundle/ 2CD), Blank Forms, 2020 su #neuguitars #blog – NeuGuitars

Il 26 maggio 1980 il quartetto che avevo inciso “Eclipse” si presenta al Moers Festival, arricchito dalla presenza di Akira Iijima alla chitarra elettrica. Il Moers Festival è un festival musicale internazionale annuale che si tiene a Moers, in Germania. Nel corso dei suoi cinquant’anni di attività il festival è passato dal concentrarsi unicamente sul free jazz ad allargare la sua platea. Il festival è stato fondato nel 1971 da Burkhard Hennen. Nei primi anni la festa si svolgeva nel cortile lastricato del castello di Moerser Schloss. Nel 1975, a causa dell’aumento dei partecipanti, fu spostato nel vicino parco. Nel 2005, dopo 34 anni come direttore artistico, Hennen ha ceduto l’incarico a Reiner Michalke. Dopo Michalke, la posizione è andata a Tim Isfort, un musicista cresciuto a Moers. A Moers hanno suonato artisti come Lester Bowie, Fred Frith, Jan Garbarek, Herbie Hancock, Abdullah Ibrahim, David Murray, Sun Ra, Archie Shepp e Cecil Taylor.

Takayanagi venne invitato a suonare con il suo gruppo New Direction Unit al 9° Moers New Jazz Festival in Germania nel 1980. Di fronte a oltre 3000 spettatori, Takayanagi e compagni mostrarono le loro capacità con un’esibizione radicale, focosa e di pura avanguardia.

La loro musica, così sperimentale, non era fine a stessa, ma era frutto anche dei movimenti radicali anti-establishment e dagli eventi politici dell’epoca. Il primo brano “Bohimei” (epitaffio) fa riferimento a Aikichi Kuboyama, un membro dell’equipaggio della Daigo Fukuryu Maru, un peschereccio giapponese del tonno, morto dopo essere stato esposto alle ricadute nucleari del test sull’atollo di Bikini nel 1954. “Resistance 1” è ispirato da Kim Chi-Ha, un poeta coreano che era stato incarcerato per aver sostenuto la democrazia. Nel 1980 nessuno suonava una musica così votata agli estremi: da una parte “nuclei” sonori, dall’altra l’improvvisazione che accoglie subliminalmente qualsiasi tipo di intuizione dei musicisti per riformularle attraverso dinamiche integrate nel concetto di “Gradually Projection”.

Così ne parla Soejima Teruto, nel suo libro “Free Jazz in Japan”, che fu testimone dell’evento: “In 1980, New Direction, with Takayanagi and Iijima Akira’s twin guitars, Mori Kenji (ts), Ino Nobuyoshi (b), and Yamazaki Hiroshi (ds), made their appearance. It was the first and only foreign appearance for Takayanagi Masayuki. As you’d expect, they played with tremendous aggression at great volume, Iijima’s broken string flailing around in the air. Takayanagi had introduced, as part of the performance, commentary on German on the Dai-5 Fukuryu-maru incident (ed.: a Japanese -caught in the fallout from US nuclear testing in the Pacific) and as soon as the performance ended , Joachim-Ernst Berendt bound up on stage to question Takayanagi about it. A true, world-renowned critic. Most of the European journalists who had witnessed New Direction’s powerful show were less kind, one completely missing the point, asking, “Is he trying to kill us with that volume?” I suppose that for ears raised on the delicacy of European string quartets it might have been hard to understand. I personally thought it was a great success! Takayanagi had stood boldly and challenced the hearing of all specialists who had come to this avant-garde jazz festival. I think it was maybe the time that New Direction first realized how far they come.A few years later, when the words “noise music” had become commonplace in the world of avant-garde sounds, a journalist I had met at Moers asked me, “What is Jojo Takayanagi doing these days?” No, that couldn’t have been many years later, since at the end of the 1990s a British cutting edge music magazine had run a feature with a full-page photo of Takayanagi, praising his music highly. By that time, Takayanagi had been running ahead of the avant-garde for twenty years already. The performance in the photo was from the Three Blind Mice realease Live at Moers Jazz Festival. But Takayanagi had already given up not just overseas travel, except for shows he hardly left his hotel room. He was being slowly consumed by hepatitis.”

Due chitarre, cello, percussioni e fiati. La critica internazionale volle vedere vedere in questa nuova veste di New Direction Unit un ipotetico avvicinamento al doppio LP Iskra 1903, del trombonista Paul Rutherford, del chitarrista Derek Bailey e del bassista Barry Guy, registrato all’Institute of Contemporary Arts nel 1970 e in studio nel 1972 e pubblicato per la prima volta come doppio album sull’etichetta Incus. Ma non solo, a mio avviso lo spettro delle influenze è più ampio: riferimenti si possono trovare nell’ensemble free jazz New Phonic Art e nella lezione della nuova complessità della musica contemporanea coeva all’epoca (Lachenmann,Ferneyhough). Il secondo lato del vinile non prevede piu’infatti le Mass Projection ma una “Mass Hysterism” che mette in primo piano il parossismo del clarinetto di Mori e le tecniche polifoniche del cellista: a destra dello spettro acustico una delle ultime possibili trasfigurazioni della sei corde attraverso una chiara deriva elettro-acustica (un ipotetica traslazione sonora di “Friday” di MEV) : un indistinto spettro sonoro (complesso) che come ha ben definito Alan Licht rappresenta il primo passo di Takayanagi verso l’approdo alla table top guitar : anche il suono del grande percussionista Yamazaki si è fatto piu’razionale; il cattedratico giapponese della chitarra stava rivoluzionando le New Direction Unit per portarle al loro suono terminale, non privo di intellettualismi. L’omaggio finale a Konitz, con Takayanagi in solo, è semplicemente immenso.

Una New Direction Unit ridotta a trio affronta il tema del “Mass Hysterism” tre anni dopo, il 14 ottobre 1983 a Kid Ailack Art Hall, museo, galleria, spazio per spettacoli e caffè situato a Meidaimae, Tokyo. Il locale venne aperto nel 1964 e gestito da Seiichirou Kuboshima. Ha chiuso definitivamente il 31 dicembre 2016. L’organico vede sempre Takayagi Masayuki coadiuvato dalla chitarra di Akira Iijima e da Hiroshi Yamazaki alla batteria e percussioni. Il titolo del album è “Mass Hysterism in another situation” ed è un puro flusso di energia sonora ad elevata intensità noise. In una delle foto scattate da Tatsuo Minami, quella riportata sulla obi, si vede una chitarra preparata come table guitar, e presagisce un uso non convenzionale dello strumento. “Mass Hysterism” è un’esplosione. Qualcosa di essenzialmente estremo, il genere di cose che suoneresti per qualcuno solo per scioccarlo, o per dimostrare quanto siano masochisti i tuoi gusti. Ogni dizionario offre diverse definizioni per il termine `rumore”. Tra queste vi sono le molteplici accezioni che fanno ovviamente riferimento al senso comune (suono “troppo forte”, “non voluto”, “disarmonico”, “fastidioso” o “fuori posto”) così come i suoi usi più tecnici (“degradazione nella qualità del segnale”, “interferenza in un circuito”, “parte indesiderata dell’informazione”). Una rapida indagine semantica ci induce dunque a pensare il rumore come un concetto sfuggente, e non può essere catturato in una definizione univoca.

Il rumore va dunque intercettato, ascoltato, percepito, nell’istante in cui risuona attraverso il confine che separa corpo e macchina, natura e cultura, senso comune e scienza acustica, vita quotidiana e pratica artistica, emissione e ricezione, ritmo e caos. C’è un aspetto, tuttavia, che unisce in maniera implicita tutte le definizioni precedentemente riportate, ed è qualcosa che eccede il rumore stesso. Dalla sua variante più intuitiva a quella più tecnica, il concetto di rumore resta inscritto all’interno di un sistema di relazioni asimmetriche di potere: la domanda che probabilmente consente dí inquadrare al meglio la questione e che sento emergere potente da questo album, così sperimentale, non è “che cos’è il rumore”, ma piuttosto: chi decide che cosa è rumore, e in che modo? Quale autorità stabilisce la gradevolezza dí un suono, o la desiderabilità di un elemento all’interno dí un sistema? Come viene selezionata la parte utile dell’informazione, e in base a quali parametri si identifica un livello di intensità accettabile?

Se in acustica il white noise è un particolare tipo di suono, caratterizzato dall’assenza di periodicità e dall’ampiezza costante su tutto lo spettro sonoro, il rumore “free” generato da Takayanagi e compagni è un approccio distintivo alla macchina, una particolare temperatura del suono, una linea obliqua che congiunge pressione, massa e frequenza in modi inattesi. Se il rumore bianco è un’idealizzazione teorica strumentale al sound check, il suo “free” noise è una puntuale e radicale pratica sonora, la cui periodicità eccede l’ambito della fisica acustica per andare a interrogare la periodizzazione della storia e i limiti dei suoi compartimenti. Una storia fatta di movimenti sotterranei, economie parallele, corpi e tecnologie allo stesso modo abusati e reinventati. Stili e tecniche, innovazione e tradizione, creatività e necessità sovrapposte in una narrazione plurima stratificata in un mix inquietante, in cui non è più possibile separare un elemento dall’altro. È una narrazione che interroga i confini della modernità come sono solitamente formulati, e richiede di eccederli, modularli, equalizzarli, reinventarli attraverso nuove correlazioni in grado di sovvertire la consueta gerarchia sensoriale e di gusto. Se esiste sempre più di una mappa per un dato territorio, il percorso dei suoni si muove parallelo e sotterraneo, a volte ín ritardo, più spesso anticipando ciò che la vista renderà poi evidente. Ma la strada del suono è anche quella del rumore, una narrazione, come nel caso di Takayanagi, dove la musica non è più un testo ed in essa c’è ben poco di leggibile. Il suono diventa esso stesso un territorio; oppure un evento, il cui modo d’essere andrà situato nell’ambito del problematico,e il rumore sarà la sua parte più scura, foriera dí eventi spaventosi e imprevisti. Una minima variazione dagli effetti imprevedibili, un rumore “free” al cui ritmo il corpo non balla e la mente oscilla confusa. Ma le orecchie si adattano rapidamente e ti ritrovi a riscaldarti con l’energia del feedback come un animale domestico vicino a un termosifone. Abuso di macchinari. Forme stridenti, elevanti. Adescamento di motori. Tecnologia zappata. Luce urlante. Un flusso completamente indifferenziato e in continuo movimento. Il rumore “free” potrebbe essere facilmente liquidato come un noioso esercizio classico, ma ciò che lo rende speciale è la natura sostenuta della performance, la diversità dello spazio sonoro e l’amore frenetico mostrato dai musicisti. Lanciandosi violentemente contro la musa e la musica, ancora e ancora e ancora, per qualcosa come 40 minuti. Tanto che quando ascolti, non vedi gli uomini, non puoi immaginarli esistere e decidere di fare questo e poi, fare questo. Gli uomini, i musicisti sono diventati meta-macchine. Riuscite a immaginare cosa sarebbe stato vederlo dal vivo?