Le sinistre risonanze di Sam Cave, “Refracted Resonance” su #neuguitars #blog

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Sam Cave – Guitarist and Composer

Sam Cave | Divine Art Recordings (divineartrecords.com)

Refracted Resonance – contemporary music for guitar | Divine Art Recordings (divineartrecords.com)

Questa recensione, questa chiacchierata, inizia con la premessa che il suono è un’infestazione, un fantasma, una presenza la cui collocazione nello spazio è ambigua e la cui esistenza nel tempo è transitoria. L’amplificazione di un suono o dei suoni tramite la stimolazione di una corda della chitarra e l’esaltazione generata dalla sua cassa generano degli effetti che indugiano a lungo nell’ambiente in cui viviamo. L’intangibilità del suono è una cosa che di può rivelare inquietante, una presenza fenomenale sia nella testa, nel punto di origine e tutt’intorno, a volte non distinguibile dalle allucinazioni uditive. L’ascoltatore attento è come un medium che trae sostanza da ciò che non c’è del tutto. L’ascolto, dopotutto, è sempre una forma di intercettazione, il suono svanisce nell’aria e nel tempo passato, generando una narrazione dell’ascolto costruita dal mito e dalla finzione. In tali contesti, il suono funziona spesso come metafora della rivelazione mistica, dell’instabilità, dei desideri proibiti, del disordine, dell’informe, del soprannaturale, della rottura dei tabù sociali, dell’ignoto, dell’inconscio e dell’extraumano. Ecco perché ho trovato molto interessante questo cd, “Refracted Resonance”, opera del chitarrista e compositore inglese Sam Cave, nuovo esponente della chitarra per quanto riguarda la nuova musica. Sam Cave ha studiato al Royal College of Music di Londra con Gary Ryan e Chris Stell. Ha anche studiato con Vincent Lindsey-Clark, Michael Zev Gordon, Michael Finnissy, Gilbert Biberian e Craig Ogden e si è laureato all’Università di Southampton con il massimo dei voti, vincendo il premio commemorativo Edward Wood in musica. Nel 2020 Cave ha, inoltre, completato un dottorato di ricerca in composizione presso la Brunel University di Londra sotto la supervisione di Christopher Fox e John Croft.

Come compositore, il suo lavoro è stato eseguito nel Regno Unito, Svezia, Norvegia, Polonia, Lituania, Italia, Australia e Stati Uniti da alcuni dei più interessanti giovani ensemble e solisti. È un compositore associato di LSO Soundhub per il 2017-21 e la sua musica è pubblicata da Babelscores. “Refracted Resonance” è composto da sei brani:

1 Tristan Murail– Tellur

2 George Holloway– Guitar Sonata

3 Christopher Fox– Chile

4 George Holloway– Second Guitar Sonata

5 Horaţiu Rădulescu*– Subconscious Wave, Op. 58

6 Sam Cave – Refracted Meditations III

ed è stato prodotto dalla casa discografica Metier, sotto-etichetta della britannica Divine Art Recordings nel 2019. Un album interessante proprio per la selezione dei brani presentati, che hanno in comune un uso dello strumento volto ad approfondire le relazioni tra suono, spazio e distanza. Il titolo, “Refracted Resonance”, che definisce già con buona chiarezza gli intenti esplorativi di questo album, mi ha spinto all’acquisto di questo cd.

La chitarra classica non sembra essere uno strumento particolarmente potente in termini di sustain e risonanza, ma sono proprio i suoi limiti fisici a renderla così interessante e portatrice di nuove innovazioni in ambito compositivo. Che cos’è un suono? Un suono è assenza seducente, fuori dalla vista, fuori portata. Un suono è senso di vuoto, paura e meraviglia. Ascoltando, l’orecchio si sintonizza su segnali lontani, origliando i fantasmi e i loro echi, mentre slittano nel tempo. Questa possibilità è una caratteristica specifica del suono, e ci lascia perplessi e inquieti. David Toop nel suo libro “Sinister Resonance” scrive come il suono è un’assenza presente e il silenzio è una presenza assente. O forse è meglio il contrario: il suono è una presenza assente; il silenzio è un’assenza presente? In questo senso, il suono è una risonanza che ci lascia inquieti, un’associazione con l’irrazionalità e l’inesplicabilità, ciò che desideriamo e temiamo. L’ascolto, quindi, è una forma di mediazione, una questione di discernimento e coinvolgimento con ciò che sta al di là del mondo delle forme. Quando il suono, il silenzio e altre modalità dei fenomeni uditivi sono rappresentati attraverso media ‘quieti’ come la chitarra classica, il nostro rapporto con la loro natura avvolgente, invadente, fugace diventa fragile, instabile e impalpabile. Come il suono della chitarra di Sam Cave.

Stravinsky disse che “ascoltare [to listen, in inglese] richiede uno sforzo, e semplicemente sentire [to hear, utilizzato in un senso più semplicistico] non è un merito. Anche un’anatra sente”, sottolineando come sia importante prestare un ascolto attento a ciò che ci viene presentato, con orecchio analitico e non semplicemente contemplativo, nell’accezione passiva del termine. Il punto di Stravinsky è che il discernimento uditivo richiede una certa abilità attenta, ma con buona pace della povera anatra, il resto della sua affermazione potrebbe essere facilmente messo in discussione. Siamo davvero sicuri che ascoltare richieda più attenzione del sentire, o è il contrario? L’ascolto può essere eseguito con sforzo ma non comportare nulla, mentre l’udito può iniziare come istinto e terminare con Le Sacre du Printemps. Il punto è che tutti gli individui sono sempre aperti ai suoni. Sviluppare le nostre capacità di ascolto per acquisire una comprensione più profonda dei complessi passaggi sonori dell’intero mondo uditivo, anche se questa è una decisione che può comportare un rifiuto delle norme culturali.

Cosa rimane dopo l’ascolto di un album come “Refracted Resonance”? A musica spenta ciò che resta è un vago senso di vuoto, che lascia spazio a una domanda: dove va a finire il suono che non si riesce più a udire? Secondo una credenza diffusa in epoca medievale i suoni non svaniscono, ma continuano a riverberare nell’audiosfera ín eterno, proiettati verso distanze superiori alle capacità dell’orecchio umano. Personalmente ritengo che, più che a una concezione sorpassata, l’idea medievale rimandi a una sorta di disciplina del suono che, a sua volta, risuoni come una pratica ancora oggetto di esplorazione da parte di compositori e interpreti attenti alla ricerca sui confini liminali tra suono, silenzio e spazio. Un movimento fatto di azione e reazione, riflessione e rifrazione, amplificazione e eco. Raccomandatissimo.