
Interprete o compositore? I Solo Guitar Works di Davide Ficco su #neuguitars #blog
DA VINCI PUBLISHING Davide Ficco: Solo Guitar Works (davinci-edition.com)
Credo che esista un momento per ogni musicista in cui egli/essa decide di diventare ciò che semplicemente è. Credo uno di questi possibili momenti possa coincidere nel fatto di diventare un compositore. Un momento di presa di coscienza,attraverso cui vedere validati i propri sentimenti, ma anche identificare l’origine di questi sentimenti all’interno di strutture organizzative creative. Prendere coscienza non significa solo diventare consapevoli di fatti, idee e percezioni di cui prima si era all’oscuro: significa piuttosto mutare radicalmente la nostra intera relazione con il mondo. La presa coscienza è, piuttosto, un processo creativo. La creazione sia di un nuovo “io”, che di un nuovo “oggetto”, su cui poter intervenire come su delle realtà in grado essere potenzialmente trasformate. Questa trasformazione, tuttavia, richiede conoscenza e un certo senso di maturità: non credo possa avvenire attraverso l’uso dello spontaneismo, del volontarismo e/o dell’effetto di un semplice evento di rottura.
Seguo, ormai da diversi anni, la carriera di Davide Ficco, un’intensa carriera di interprete, a servizio del suo strumento, la chitarra, e di tanti compositori, passati e contemporanei di cui ha fatto rivivere le opere. Una carriera di viaggiatore all’interno di mappe musicali, che mi ricorda un racconto di Jorge Luis Borges, un racconto pubblicato nel 1935, intitolato “Del rigore della scienza”, presente all’interno della versione di allora della raccolta “Storia universale dell’infamia”. In questo breve racconto si narra di un imperatore di un grande impero che creò una mappa così dettagliata da essere grande quanto l’impero stesso. La mappa attuale fu ampliata e distrutta quando l’impero conquistò o perse territorio. Quando l’impero si sgretolò, tutto ciò che rimase fu la mappa.
“… In quell’Impero, l’Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell’impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell’Impero che aveva l’Immensità dell’Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all’Inclemenze del Sole e degl’Inverni. Nei deserti dell’Ovest rimangono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline Geografiche. (Suárez Miranda, Viajes de varones prudentes, libro IV, cap. XIV, Lérida, 1658)”.
Questa analogia, di natura quasi panteistica, mi ricorda il lavoro di un compositore. Il lavoro di un cartografo la cui geografia interiore, critica e libera, tende a moltiplicare le metafore e le categorie concettuali. Evitando di vedere il mondo da un unico punto di vista, egli gli gira intorno sapendo che non lo rappresenterà mai tutto e mai definitivamente, che la rappresentazione non deve escludere la scoperta. Un mondo interiore descritto come una molteplicità possibile di linguaggi, ordini e forme non reciprocamente esclusivi non può essere dominato; può solo essere ascoltato, raccontato, per certi versi ammirato, per altri compatito o evitato.
E se ogni mappa, ogni spartito, ogni testo ha un Cartografo compositore che la disegna, allora ha almeno un viaggiatore interprete che la rivive, che la rilegge. Saggiamente Davide Ficco ha preferito che il proprio testo venisse riletto da un altro interprete. Forse ha voluto togliersi ogni alibi. Forse ha voluto che il proprio territorio, che la propria mappa venisse rivista con altri occhi, per arrivare a una nuova decifrazione e rappresentazione. La rappresentazione dell’ottimo Edoardo Pieri, che ha abilmente interpretato le sue composizioni, tutte per chitarra classica:
01 Psaltes
04 Sette Frammenti su Poesie di Federico Garcia Lorca
11 Berceuse
12 Trois Nocturnes de Poche
15 Der Atem der Nacht
16 Chromedxide Heart
Davide Ficco Solo Guitar Works è un album dalla natura complessa e dalla lunga gestazione: le sue composizioni coprono un arco temporale che parte dal 1988 e arriva fino ai nostri giorni, mentre la sua registrazione ha richiesto ben quattro anni, dal 2015 al 2019. Un lavoro ampio, una cartografia musicale varia e complessa, perfettamente conforme alla personalità articolata che anima Davide Ficco. Un album che lo rappresenta perfettamente. Penso che sia lui che Edoardo Pieri possano dirsi pienamente soddisfatti. Registrazione DDD di qualità sonora ineccepibile.