
Cosmopolitismo, fantasmi, incroci, collaborazioni, infestazioni nella musica dei Dark Star Safari su #neuguitars #blog
‘Real ghosts, the kind most commonly sighted in stately homes, appear to function independently of the world around them and do little to support our belief in them: they don’t make sense. When photographed, they are hardly there. When questioned, they have nothing to say. Mediums are necessary to interpret for them, and they generally do a bad job.’
Jim Steinmeyer, Hiding the Elephant: How Magicians Invented the Impossible, London, Arrow Books, 2005
Ammettiamolo, i migliori fantasmi sono sempre stati fantasmi teatrali e non solo nell’immaginario collettivo. Cosa sarebbe stato l’Amleto senza l’ingombrante presenza del defunto padre? Dove sarebbe Dickens senza i fantasmi della notte di Natale? Ma i fantasmi sono ormai qualcosa di pervasivo nella nostra cultura, l’hanno talmente infestata, grazie al post modernismo, che nulla sembra essere stato da loro risparmiato. Ci tengono compagnia senza che ce ne accorgiamo, pervasivi come la migliore e più avanzata tecnologia, freddi e confortevoli come i ricordi quando tornano a visitarci. E ci preparano a nuove possibilità. Ad esempio, mettiamo che il post punk sia emerso dalle aurore boreali scandinave invece che dal cuore dell’Inghilterra industriale, devastato dalle politiche neo-liberiste di Margaret Thatcher. Che suono avrebbe avuto? E se i Japan di David Sylvian fossero nati ad Oslo invece che nel Kent? Le congetture stilistiche alla fine naufragano sempre miseramente. Il post punk aveva bisogno della nevrosi Britannica e delle sue congestionate città, non era adatto alla natura e agli spazi vuoti scandinavi. Stesso discorso per hauntology, poteva scaturire solo dal gotico inglese. Eppure nel brulicante mondo globalizzato che stiamo vivendo nulla rimane relegato o chiuso da eretici sigilli concettuali. I virus culturali si muovono e colonizzano il mondo in forme ancora più rapidi delle pandemie sanitarie.
Prendiamo ad esempio, questo quartetto, Dark Star Safari, band scandinava composta da Jan Bang (vocals, live sampling, samples, ac. piano, dictaphone), Erik Honoré (synthesizer, samples, synth bass, voice, lyrics), Eivind Aarset (guitar, electronics, bass) e Samuel Rohrer (drums, percussion, keys, electronics, synths). Hanno realizzato due album, il primo, omonimo, del 2019 e il secondo, del 2021 intitolato “Walk Through Lightly”, entrambi per la casa discografica indipendente berlinese Arjunamusic Records, entrambi intrisi di texture e atmosfere già frequentate da David Sylvian.
Ecco cosa sarebbe potuto succedere se le mie precedenti congetture avessero avuto luogo. Nella nostra epoca i fantasmi hanno una importante funzione da svolgere: diffondono, infestano, superano le frontiere fisiche, si muovono su ellissi oblique che eludono la nostra concezione lineare del tempo e dello sviluppo. Perché rimanere stupiti da questi collegamenti? Jan Bang, Erik Honoré e Eivind Aarset hanno in passato collaborato con David Sylvian, Samuel Rohrer ha lavorato con musicisti formidabili come Sidsel Endresen, Ricardo Villalobos, Skuli Sverrisson, Nils Petter Molvaer, Laurie Anderson, Nan Goldin, Max Loderbauer, Mark Feldman, e inciso per etichette del calibro della ECM. Come solista ha rilasciato dischi, in bilico tra sperimentazione ritmica e ricerca elettronica.
I fantasmi hanno raggiunto una dimensione cosmopolita e colta, raffinata e tardo decadente. Se i passato si facevano annunciare da suoni sinistri e tintinnare di catene, ora condizionano la musica, sovrapponendosi come layers di suoni e improvvisazioni, ispirando gli artisti a connettersi e inglobarsi tra loro, come i cavi che collegano le loro apparecchiature elettroniche. I Dark Star Safari suonano come un possibile futuro che per qualche motivo non si è realizzato nei tempi giusti e che ora, invece, ci viene incontro senza le forme depressive a cui la hauntology è stata spesso associata. E’ tempo di accettare i fantasmi, è ora di indagare senza paura i possibili futuri che ci arrivano da un passato non più remoto, senza sentire la loro incombenza. E’ ora di scrollarsi la depressione e tornare a desiderare nuovi, molteplici futuri.