“Inanimate Nature” e “Action Direct”, noise e table guitars da Takayanagi Masayuki su #neuguitars #blog
Quando si parla di chitarristi free jazz, vengono inevitabilmente in mente musicisti come Sonny Sharrock e James Blood Ulmer. Tuttavia, il loro approccio al suono e la modalità concettuale di espressione che hanno stabilito all’interno della libera improvvisazione non sono facilmente comparabili con l’approccio e la visione incarnati da Takayanagi Masayuki e con l’ardente malizia e intransigenza che hanno sempre caratterizzato la sua musica (anche durante il suo periodo 1969-1972). Emergono anche nomi di altri suoi contemporanei come Keith Rowe, Fred Frith e Derek Bailey, musicisti che non utilizzavano le modalità espressive tipiche del jazz e che cercavano di elaborare dei nuovi vocabolari musicali, ma ancora una volta l’approccio di Takayanagi alla decostruzione, e di conseguenza alla ricreazione di strutture inedite, è stato diverso da quelli adottati dai nomi sopra indicati. Applicando una metodologia diversa, Takayanagi ha voluto liberarsi dalle rigide connotazioni legate al jazz, concentrandosi sull’estrazione graduale dei prerequisiti sonori e degli elementi essenziali che compongono il jazz, sostituendoli con sue personali teorie musicali.
Mentre gli anni ’70 concludevano la loro parabola discendente verso la coolness e la maggiore commerciabilità musicale degli anni ’80, Takayanagi Masayuki continuò inesorabilmente ad avanzare nei regni di una forma di espressione musicale senza compromessi, confinandosi deliberatamente in una esistenza solitaria ai margini delle arti dello spettacolo e della comunità jazz più consolidata. Le sue registrazioni a nome “Inanimate Nature” e “Action Direct” sono due esempi perfetti delle sue devastanti e infuocate performance da solista, lavori estremamente concettuali che hanno finito per dominare l’ultima parte della sua produzione discografica.
E’ tradizionale l’ostilità di molti critici musicali nei confronti di quei mutamenti che caratterizzano l’arte e la musica moderna. L’arte non progredisce nel senso in cui progrediscono scienza e tecnologia. Ma le arti, la musica non fa eccezione, evolvono e cambiano. Penso che, per Takayanagi la musica fosse uno strumento di tipo nuovo, per modificare le coscienze e organizzare nuovi moduli di sensibilità. I critici musicali scambiarono le sue idee innovative per implacabili atti di terrorismo sonoro e lo condannarono a un esilio fuori dai confini della tonalità musicale e sociale. Credo che non fossero in grado di limitare, di inquadrare la sua audace furia maniacale all’interno di uno stile sub-culturale chiaramente definito o addirittura a un micro-cosmo sonoro come quelli che costituiscono la maggior parte della società jazz e rock, rimanendo intrappolati nelle sabbie mobili delle proprie insicurezze. A Takayanagi, d’altra parte, non poteva importare di meno di essere ostracizzato dall’establishment jazzistico e invece continuava a sfornare una massa di letali caos sonori, portando avanti diversi progetti tra cui il gruppo “Angry Waves”.
Liberandosi lentamente dai vincoli legati ai gruppi “New Direction” e “Angry Waves”, Takayanagi iniziò una serie di esibizioni da solista dal gennaio 1985 in poi. Questi eventi, principalmente allestiti all’Aketa No Mise, gli hanno permesso di mostrare e mappare l’intero processo del suo suono esplorativo di improvvisazione solista fino alla massima estensione. Aketa No Mise (“The Open Store”) è nella zona ovest di Tokyo, non lontano dalla stazione di Nishi-Ogikubo. L’area di Ogikubo era ben nota negli anni ’60 come luogo di ritrovo per hippy, artisti, dissidenti politici ed emarginati. È un jazz club seminterrato senza pretese o attenzione per le tendenze attuali, uno spazio che si occupa esclusivamente dell’espressione creativa attraverso la musica. Le esibizioni dal vivo sono orientate verso gli aspetti più sperimentali e free, il che purtroppo è fin troppo raro di questi tempi. Il proprietario Aketagawa-san, che gestisce il negozio di ocarina dall’altra parte della strada e supervisiona l’etichetta indipendente Aketa Discs, mantiene il programma vario e interessante. Liberandosi dal ruolo, a volte ingombrante, di leader della band, Takayanagi è stato in grado di per concentrare la sua attenzione sul perfezionamento delle sue radicali esibizioni soliste, che hanno avuto luogo sotto la bandiera di “Solo Improvisation Action Direct”.
La strumentazione da lui utilizzata, in quel periodo, era composta da due walkman, un mixer, vari effetti a pedale e due chitarre, di cui una cablata con microfoni a contatto, mentre l’altra era distesa sul tavolo, manipolandone il suono con effetti, percuotendo e toccando le corde con utensili come coltelli, cacciaviti e catene. Per ravvivare ulteriormente la tavolozza sonora, Takayanagi utilizzava anche nastri di musiche di Wagner, Sergei Pro-kofiev e Eimert, frammenti di discorsi di Mishima Yukio, Hitler e accompagnamenti di marce naziste, registrazioni di macchinari industriali e altre industrie pesanti, anche se difficilmente riconoscibili a causa della pesante trasformazione a cui erano stati sottoposti. Inoltre usava anche fonti sonore grezze come voci di bambini preregistrate, registrazioni di varie lingue straniere, rumori di segnalazione del codice Morse ecc.
I suoni emessi dalle sue chitarre accarezzate da un’archetto o torturate con altri attrezzi, insieme ai nastri pre-arrangiati contenenti un’ampia varietà di materiali sonori, venivano passati attraverso un mixer, alterati con effetti multipli per essere nuovamente rigenerai come “suono creativo”, come lo chiamava lui. Questa riformulazione delle molecole sonore attraverso la selezione di frammenti sonori è stata concepita con una tecnica di “taglia e incolla” in tempo reale, mettendo insieme e sovrapponendo una molteplicità di gruppi sonori e modellandoli in un collage/montaggio sonoro che comprendeva tutti di questi diversi elementi. Credo che il principale parametro di approccio di Takayanagi sia stato l’elemento del colore tonale, portando in scena la nascita di uno spazio sonoro infinito. Questo senso squisito e finemente sintonizzato della colorazione sonora e del suo tono era così vistosamente realizzato che si potevano rilevare elementi più fini e contrappunti radiosi, anche quando dispiegava colpi potenti, carichi di suono abrasivo. Elementi di una certa estatica raffinatezza si manifestavano a livello subliminale. Il suo suono sembrava, a quel tempo, orientarsi verso la tumultuosa cacofonia e la musica noise industriale, pur riuscendo comunque a superare la superficialità delle esplosioni di rumore insensate collocandole con una precisione quasi chirurgica dove erano più necessarie. “Action Direct” e “Inanimate Nature” rappresentano la materializzazione di un’espressione artistica fuori dal comune, dove lo spazio del suono si allargava come se fosse stato impegnato in una guerra di trincea, uno strano brodo infernale, una furia maniacale accompagnata da danni sonori collaterali, emanando una forma musicale ad alta tensione che provocava una intensa reazione emotiva quando veniva portata sul palco.
Verso la fine della sua vita, le esibizioni dal vivo si spostarono verso la live house “Jean Jean” a Shibuya, Tokyo. Shibuya Jean Jean era un piccolo teatro a Shibuya a Tokyo, aperto dal 1969 al 2000. È stato il luogo di spettacoli regolari di Takahashi Chikuzan fino alla sua morte, di Nobuo Nakamura di The Lesson e apparizioni dal vivo di Noriko Awaya e Akihiro Miwa. A quel punto, il volume scatenato era diventato tremendo e travolgente, in parte a causa dei materiali, degli strumenti e dei gadget extra che aveva portato per aumentare l’alta carica di energia non raffinata. Due chitarre da tavolo ruggivano e ululavano come un motore a bassa frequenza mentre quattro o cinque registratori a cassette erano allineati per svolgere una varietà di funzioni di campionamento. Attaccato sotto il tavolo ero appeso un blocco di ferro, con fissati microfoni a contatto. Quando veniva colpito, emetteva un ruggito assordante simile a un impatto. Ormai Takayanagi aveva completamente rifiutato il modo di suonare gli strumenti in modo ordinario. Là dove “New Direction for the Arts” era solita scaricare e dirigere l’energia del suono in uno spazio vasto e immenso, “Action Direct” sembrava voler modificare la densità di suono nello spazio. Il metodo della “Mass Projection” e della “Gradually Projection” è stato mescolato, utilizzato simultaneamente e reso astratto. L’ondulazione e il colore del suono virarono verso un immenso caleidoscopio spaziale, dalla densità pesante e profonda. Takayanagi si proponeva di trascendere e potenziare l’identità fisica, la realtà e il significato dei singoli atomi sonori. Attraverso la trasposizione del soggetto in contrasto con l’oggetto, mirava a smantellare il significato dei simboli. e questo sembrava riuscirgli meglio attraverso una performance solista invece che attraverso un’esperienza collettiva di gruppo. Le sue avventure estremamente rumorose miravano a un risultato musicale che i suoni convenzionali non erano in grado di creare. Con “Action Direct”, Takayanagi ha anche incarnato un atteggiamento critico nei confronti dello sviluppo sociologico e tecnologico degli anni ’80, tenendo le distanze dai concetti visionari scientifici e industriali che l’economia della bolla speculativa aveva portato con sé. La sistematizzazione musicale del suo rumore era in un certo senso una nuova forma teorica che mirava ad affrontare questa nuova realtà. Si rifletteva sulla struttura stessa della società.
Jim O’Rourke scrive nel booklet che accompagna il cd “Three Improvised Variations on a Theme of Qadhafi” di come possa sembrare strano tenere e suonare uno strumento volutamente in modo sbagliato. E’ considerata cattiva educazione mettere la chitarra sulla schiena, o suonarla su un tavolo, ma ci sono stati quelli che hanno fatto un passo indietro e hanno detto “perché no?”. Ampliando così il linguaggio dello “strumento più popolare al mondo”. Alla fine delle sue avventure musicali, Masayuki Takayanagi aveva preso la stessa decisione, quasi come se fosse costretto a guardare le sue sei corde di lato.
Come Keith Rowe, che suonava la chitarra appoggiata sul dorso, ma i cui pedali e l’elettronica fatta in casa ricordavano più i setup elettronici degli anni ’60 di David Tudor, Gordon Mumma o Takehisa Kosugi. Ma Takayanagi non suonava come nessuno di loro. La sua, personale, “Mass Projection”creava una densa costellazione di corpi sonori in movimento, gas in espansione e stelle che esplodono. Sebbene le attività di “Action Direct” e “Inanimate Nature” costituissero la maggior parte delle sue escursioni sonore trascendentali durante gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, ciò non ha impedito a Takayanagi, anche verso la fine della sua vita, di affrontare qualsiasi sfida musicale che incrociasse il suo cammino. Takayanagi rappresenta l’ambizione di un uomo di fare da solo ciò che, per essere realizzato, richiederebbe gli sforzi di tutta una generazione, di una intera sub-cultura. La sua musica attraversa infiniti corridoi di possibilità e di scoperta, e quando la rivisitiamo, scopriamo che è ancora un territorio non mappato, un campo elaborato pieno di segni e immagini dettagliate…e pensare che, alcune persone, pensano ancora che abbia suonato la chitarra in modo “sbagliato”.
Ascolti:
Masayuki Takayanagi, “Action Direct Live At Zojoji Hall 1985”, Tiliqua Records, 2005
Masayuki Takayanagi, “Inanimate Nature”, Jinya Disc, 1990
Masayuki Takayanagi Action Direct, “Three Improvised Variations On A Theme Of Qadhafi”, Jinya Disc, 2002
Masayuki Takayanagi, “Action Direct 1990 Tokyo”, Jinya Disc, 2002, DVD