
Un viaggio nel pensiero e nella storia di Steve Reich: Conversations (Hanover Square Press, 2022) su #neuguitars #blog #SteveReich
Conversations: Original – HarperCollins
A surprising, enlightening series of conversations that shed new light on the music and career of “our greatest living composer” (New York Times)
Avanzano gli anni per i pionieri del minimalismo ed è altrettanto inevitabile che i ricordi scorrano e che desiderino essere raccolti e ordinati. Altrettanto inevitabili, quindi, appaiono le autobiografie, John Adams ha scritto “Hallelujah Junction”, Philip Glass Words Without Music, entrambi tradotti in italiano. Mancava all’appello Steve Reich, che sembra abbia approfittato della pausa forzata dovuta al Covid proprio per riuscire a mettere ordine nelle sue memorie, ma come è sua abitudine per la musica, facendolo a modo suo. Come si diceva una volta alla radio, per chi si fosse sintonizzato solo adesso, ricordiamo che Steve Reich è una leggenda vivente nel mondo della musica classica contemporanea. In qualità di leader del movimento minimalista negli anni ’60, le sue opere sono diventate centrali nel panorama musicale mondiale, influenzando generazioni di giovani musicisti, coreografi e artisti visivi. Osservatore onnivoro e attento, ha esplorato la musica non occidentale e la musica popolare americana dal jazz al rock, creando brani musicali e installazioni video rivoluzionari. Ha girato il mondo con il suo ensemble e le sue composizioni sono eseguite a livello internazionale dalle principali orchestre e ensemble. Invece di scrivere la classica autobiografia, Reich ha preferito raccontarsi in modo più indiretto scegliendo di pubblicare una serie di conversazioni avute con alcuni amici, per la precisione diciannove, tutti collaboratori del passato, colleghi compositori e musicisti, nonché artisti visivi influenzati dal suo lavoro per riflettere sulla sua prolifica carriera di compositore e sulla musica che lo ha ispirato e che è stata ispirata da lui: David Lang, Brian Eno, Richard Serra, Michael Gordon, Michael Tilson Thomas, Russell Hartenberger, Robert Hurwitz, Stephen Sondheim, Jonny Greenwood, David Harrington
Elizabeth Lim-Dutton, David Robertson, Micaela Haslam, Anne Teresa de Keersmaeker, Julia Wolfe, Nico Muhly, Beryl Korot, Colin Currie and Brad Lubman. Causa Covid-19 la maggior parte delle conversazioni sono state condotte tramite Zoom nel 2020 e nel 2021, gli argomenti variano, ma vertono sempre principalmente la musica, tralasciando quasi completamente la vita privata di Reich.
Ad esempio, con Brian Eno e Jonny Greenwood, Stephen Sondheim e la coreografa Anne Teresa de Keersmaeker, Reich esplora le sue innovazioni musicali in composizioni come It’s Gonna Rain, Drumming, Electric Counterpoint e Music for 18 Musicians, tutti caratterizzati da arrangiamenti ritmici lunghi e ripetitivi, decostruzioni di parole e motivi strumentali. Gli argomenti toccati includono l’influenza degli insegnanti e dei collaboratori di Reich, la scena musicale minimalista di Manhattan negli anni ’60 e ’70, la complessità e la difficoltà delle sessioni di prove e le imprevedibili reazioni del pubblico. Con Richard Serra, il fondatore del Kronos Quartet David Harrington e la compositrice Julia Wolfe si ritorna su It’s Gonna Rain, Electric Counterpoint e Double Sextet, Premio Pulitzer 2009 per la musica.
Non tutte le conversazioni raggiungono lo stesso altissimo livello, il meglio si raggiunge, per me, quando c’è un dialogo genuino tra i compositori, come quando Reich e Stephen Sondheim discutono delle somiglianze nel loro lavoro durante una chiacchierata moderata del 2015 (“we share a fondness for the same harmonic structures,”, dice Sondheim) o quando Nico Muhly descrive i modi in cui la Musica per 18 musicisti di Reich e un mottetto di William Byrd hanno influenzato il suo No Uncertain Terms. Le conversazioni in cui si apprende poco sul lavoro dell’altro partecipante mancano della profondità degli altri scambi, ma anche lì, tuttavia, leggere le chiacchiere è emozionante. I fan di Reich svilupperanno un maggiore apprezzamento della sua musica, approfondendo la conoscenza delle sue musiche basate su tape loop e sul phase shifting, sul contrappunto e sui compositori che l’hanno ispirato. I nuovi arrivati scopriranno un compositore eclettico che ha attinto da fonti disparate come i dispositivi elettronici realizzati ai Bell Labs negli anni ’60 e la musica del compositore francese del XII secolo Pérotin per creare gli ipnotici Four Organs. Le conversazioni con i direttori d’orchestra Michael Tilson Thomas e David Robertson sono particolarmente ricche grazie al loro entusiasmo, alla loro espansività e alla profondità dei dettagli tecnici, specialmente quando Robertson parla della direzione di Tehillim, Desert Music e altri brani e Thomas discute sulla rivolta del pubblico avvenuta durante l’esecuzione di Four Organs alla Carnegie Hall nel 1973.
Questo libro ha il grande vantaggio di rappresentare un Reich perfettamente allineato con le sue musiche, con i suoi saggi e con le sue interviste pubbliche: non c’è traccia di forzato accademismo nelle parole di questo compositore, che sa esprimersi in modo assolutamente chiaro e senza giri di parole, i momenti strettamente tecnici sono rari (“The whole piece keeps moving in a cycle of four different key signatures, always moving up a minor third. Notice I don’t say D to F to A-flat to B, because it may be major, or minor or modal or chromatically altered”) e la narrazione scorrevole e agevole. Reich è un comunicatore accorto e smaliziato e sa evitare le trappole logiche e semantiche, riuscendo sia a mantenere un tono amichevole e discorsivo, sia a mantenere alta l’attenzione del lettore ricorrendo ad aneddoti e fatti scherzosi. Un viaggio gratificante attraverso la carriera di uno dei pionieri della musica minimalista.
