Arnold Schoenberg, la Serenade op. 24, Hans Rosbaud e lo Donaueschinger Musiktage Festival nel 1924 e nel 1958 su #neuguitars #blog #ArnoldSchoenberg
Label: Col Legno – WWE 12CD 31899 Country: Germany Released: 1996 Cd box 12 cd Tracklist Serenade Op. 24 Für Klarinette Und Orchester Voice 2-1–Marsch4:30 2-2–Menuett7:33 2-3–Variationen4:19 2-4–Sonett Von Petrarca3:30 2-5–Tanzscene7:52 2-6–Lied (Ohne Worte)2:28 2-7–Finale5:24 |
CreditsOrchestra SWF-Sinfonieorchester Baden-Baden Conductor – Hans Rosbaud Booklet Editor – Brigitte Weinmann, Tomas Zierhofer-Kin Compiled By [Selection Of Photographs] – Südwestfunk, Baden-Baden Concept By [Conception], Compiled By [Selection Of Texts], Compiled By [Selection Of Photographs] – Armin Köhler Layout – Gottfried Goiginger, Selke Verlag Salzburg, Graphics Division Liner Notes – Josef Häusler Liner Notes [Translation (English)] – Diana Loos Producer – Wulf Weinmann |
Il Donaueschingen Music Festival può vantarsi di essere il festival di nuova musica più antico e duraturo del mondo. Questo lungo periodo, tuttavia, non consiste in una catena ininterrotta di anni. Ci sono stati periodi, infatti, in cui il Festival non si è svolto, in cui è migrato in altri luoghi, in cui la dittatura nazista portò al ribaltamento di quegli obiettivi d’avanguardia che i “padri fondatori” si erano prefissati nel 1921, seguendo così un percorso che fu subito confermato nel modo più brillante dal clamoroso successo ottenuto da Paul Hindemith, allora poco conosciuto. La storia del Festival può quindi essere suddivisa in una serie di fasi temporali di diversa durata, la più completa delle quali è data da una serie ininterrotta di eventi annuali dal 1951 in poi. Molto spesso in questo periodo Donaueschingen è diventato un vero punto di riferimento musicale, a volte riprendendo fenomeni che avevano visto la luce altrove, spesso aiutandoli a ottenere una maggiore risonanza, una migliore visibilità. In un modo o nell’altro Donaueschingen ha fatto la storia della musica in un senso vivo e attivo, come dimostrato dalle brillanti statistiche che può mostrare: tra il 31 luglio 1921 e l’ottobre 1995 circa 375 composizioni hanno ricevuto la loro prima mondiale; inoltre si sono svolte circa 90 prime esibizioni tedesche ed europee, senza contare molti eventi paralleli nelle sessioni jazz che sono diventate una parte regolare del Festival dall’inizio degli anni ’70. Questa tradizione ebbe inizio poco dopo la prima guerra mondiale e fu, sorprendentemente, il risultato del mecenatismo principesco. I principi Furstenberg risiedevano a Donaueschingen fin dagli inizi del XVIII secolo, e naturalmente avevano la loro orchestra di corte e il loro teatro di corte, e stabilirono anche una collezione di dipinti che vale ancora oggi la pena vedere; Mozart fu ospite nel castello, così come Franz Liszt. Ma verso il 1920/21 tutto questo era già storia passata: il teatro di corte, bruciato a metà del XIX secolo, non era stato ricostruito, anche se c’era ancora un direttore musicale, il cui nome era Heinrich Burkard e i cui compiti principali erano impartire lezioni di pianoforte ai bambini della Casa di Furstenberg e organizzare e catalogare i vasti contenuti dell’archivio musicale tramandato dai tempi passati.

Quando Willy Rehberg – direttore dell’Accademia di musica di Mannheim – propose un suo piano per organizzare un festival musicale che potesse offrire ai giovani compositori del dopoguerra la possibilità di far eseguire e apprezzare la loro musica, Burkard accolse con entusiasmo il suggerimento, trovando una risposta positiva nella famiglia Furstenberg. Burkard doveva essere un uomo che aveva familiarità con la situazione musicale e politica, con le varie direzioni del pensiero e dell’insegnamento e con il significato dei rappresentanti artistici in Germania e Austria in quel momento; in ogni caso riuscì in breve tempo a risvegliare in molti luoghi simpatia per il suo rischioso progetto e a suscitare l’interesse di personalità come Ferruccio Busoni, Richard Strauss, Hans Pfitzner, Artur Nikisch a tal punto sia da essere disposti a fanno parte del “comitato onorario”, che la consuetudine contemporanea richiedeva invariabilmente, sia “consacrando” l’impresa attraverso il lustro dei loro nomi. La forte risonanza suscitata dall’iniziativa DonaueSchingen è ben documentata dal fatto che già nel 1921 non meno di 137 compositori inviarono le loro opere per oltre 400 Lieder, 44 quartetti d’archi e 84 composizioni per pianoforte. I criteri decisivi per l’inclusione nel programma erano esclusivamente il contenuto interiore delle opere e la forza artistica creativa espressa, senza badare a quale linguaggio musicale venisse usato. L’’accento era stato posto sul richiamare l’attenzione su compositori di talento, non ancora conosciuti o poco conosciuti e su opere di compositori già avviate, ma poco note. L’anno che a noi più interessa è il 1924, che sembra essere forse il più significativo di tutta la prima fase di Donaueschingen. Nel 1924 il comitato di lavoro dovette rivedere le proprie posizioni: “In order to give as detailed a picture as possible of the different colours and ramifications of contemporary music and to embrace as wide a field as possible, tests can be presented of a line of thought which forces us to discuss its problems in such broad terms as possible, even if we are not convinced of the fruitfulness of these experiments as far as the future is concerned.”.

A cosa si faceva riferimento? Uno sguardo al programma non lascia quasi adito a dubbi: alla musica del primo periodo viennese e alle tematiche legate a quella parola chiave: “Musica dodecafonica”. Donaueschingen nel 1924 presentò composizioni di Arnold Schoenberg e Anton Webern. Lo stesso Schoenberg diresse la prima esecuzione pubblica di un’opera chiave risalente a quel periodo di radicali cambiamenti avvenuto dopo il 1920, la Serenata op. 24, il cui quarto movimento centrale – l’ambientazione di un sonetto del Petrarca – rappresentava una delle sue prime composizioni dodecafoniche. Nessuno a Donaueschingen sembrò essersi accorto dei nuovi principi di costruzione musicale, ma l’opera lasciò una forte impressione generale. “A questo critico” scrisse l’illustre Erwin Kroll sulla Berlin Allgemeine Musikzeitung, “questo lavoro sembra essere una gelida musica dell’intelletto, ma egli non vuole negare che il passato maestro dell’espressionismo, accolto con fanatico giubilo, ha forse dato un contributo incommensurabile al dizionario e alla grammatica del linguaggio musicale del futuro.”
Schoenberg diresse la Serenata a Donaueschingen il 20 luglio 1924. Come per altre composizioni di quegli anni, Schoenberg lavorò alla Serenata per diversi anni, con i primi schizzi risalenti al 1920 e la versione finale completata nell’aprile 1923. La partitura fu pubblicata da Wilhelm Hansen Verlag (Copenaghen) nel 1924. Così scrisse Schoenberg al principe Fustenberg, in ringraziamento per l’invito al Festival:
May it please Your Highness, May I, first and foremost, most respectfully thank you from the bottom of my heart for the extremely gratifying words that Your Highness has had the goodness to address to me? The splendid enterprise in Donaueschingen is something I have long admired: this enterprise that is reminiscent of the fairest, alas bygone, days of art when a prince stood as a protector before an artist, showing the rabble that art, a matter for princes, is beyond the judgment of common people. And only the authority of such personages, in that it permits the artist to participate in the distinctive position bestowed by a higher power, is able to demonstrate this demarcation in a sensuously tangible manner to all who are merely educated, who have merely worked their way up, and to make manifest the difference between those who have become what they are and those who were born what they are; between those who arrive at a position and occupation by indirect means and those who are directly born to it. If I may really be permitted to respond to this summons, it would, I must confess, be very much to my own liking to do so with my latest work, the Serenade and, in accordance with your wish, to conduct it myself. It must however be mentioned that this unfortunately cannot be actually a first performance, since the latter will take place— though privately, not in public—on the 2nd May, a performance for which we are just now having the final rehearsals. Yet I will—if Your Highness attaches importance to it—do all that is in my power to secure my publisher’s agreement that it shall be at least the first public performance in Germany. Once more thanking Your Highness most respectfully for all your flattering and kind words, I remain, with deep veneration and respect, Arnold Schoenberg
La Serenata, op. 24 è, come suggerisce il titolo, una delle partiture più rilassanti e seducenti di Schoenberg. Leoš Janáček, ascoltandolo a un I.S.C.M. festival, lo descrisse come un pezzo di ‘strimpellamento viennese’. Fu iniziato nel 1920, ma la maggior parte della musica risale al 1923. Ripercorre così le fasi finali del periodo di ricerca che portò all’adozione del metodo dodecafonico, e il calore e l’allegria della musica testimoniano sicuramente un certo sollievo e il ritorno della fiducia mentre la strada da percorrere cominciava a sembrare chiara e certa. L’opera è in sette movimenti caratteristici, di cui molti utilizzano vari tipi di tecnica seriale. L’ensemble è composto da sette strumenti – clarinetto, clarinetto basso, mandolino, chitarra e trio d’archi – con l’aggiunta di un solista basso o baritono nel quarto movimento. Il mondo sonoro ricorda non solo i momenti più clowneschi del Pierrot Lunaire, ma anche le opere da camera quasi contemporanee di altri compositori – in particolare Ragtime di Stravinsky e The Soldier’s Tale – e alcuni commentatori hanno affermato addirittura di rilevare un’influenza jazz; ma per quanto mi riguarda non sono molto d’accordo. Il primo movimento è una marcia sbarazzina in una forma di sonata, la guidano i clarinetti mentre mandolino, chitarra e archi aggiungono picchiettii o figure ritmiche pizzicate che sembrano rotolare l’una sull’altra con entusiasmo. Segue un minuetto garbatamente equilibrato e un trio con un assolo di viola i cui acuti ricordano il movimento della “Serenata” del Pierrot Lunaire. Il terzo movimento è un insieme di cinque variazioni e coda su un tema meditativo (di undici battute, utilizzando undici toni della scala cromatica disposti in una serie di quattordici note) annunciato dal clarinetto. Sebbene le variazioni mantengano le proporzioni del tema principale, sono notevoli per la loro flessibilità ritmica e inventiva materica.1 L’unico movimento rigorosamente a dodici note è il quarto, un’ambientazione del Sonetto n. 217 di Petrarca (“Se potessi vendicarmi di lei”). Il metodo è applicato in modo alquanto primitivo, poiché la parte vocale consiste in tredici rotazioni della riga originale non trasposta, mentre l’insieme deriva le figure di accompagnamento più liberamente dalla stessa fonte. Richiede un canto estremamente sensibile per evitare l’impressione di un livello di ispirazione inferiore rispetto agli altri movimenti. Segue la sezione più ampia dell’opera: la deliziosa “Scena di danza”, il cui design è ampliato (come in alcuni altri movimenti) dall’uso di ripetizioni formali. Due personaggi principali della danza si alternano: un valzer vivace e capriccioso e un padrone di casa austriaco delicato e pieno di sentimento, completo di richiami mahleriani nella melodia. Il sesto movimento è una canzone senza parole, una miniatura silenziosa di ventisei battute di rapita bellezza, attraverso le cui trame smorzate un’ampia melodia si inarca con grazia. Quindi il settimo movimento, un pot-pourri che usa la marcia del primo movimento come base e che ripassa i temi degli altri movimenti in affettuosa rassegna.
1SCHOENBERG Malcolm MacDonald

Purtroppo non abbiamo una registrazione di quell’evento, ma quella del 1924 non fu l’unica volta che la Serenade venne eseguita al Donaueschingen Music Festival. Bisognerà aspettare fino al 1958 perché il direttore Hans Rosbaud possa tornare a dirigerla, sempre al Festival.
“There is nothing I long for more intensely (if for anything) than to be taken for a better sort of Tchaikovsky—for heaven’s sake: a bit better, but really that’s all.“1
Questo commento di Arnold Schoenberg si trova in una lettera a Hans Rosbaud datata 12 maggio 1947. Rosbaud è stato uno dei direttori d’orchestra che ha fatto più di chiunque altro della sua generazione per soddisfare il desiderio di Schoenberg di essere considerato non come un bizzarro “sperimentatore” dodecafonico, ma come un compositore a tutti gli effetti. Hans Rosbaud nacque a Graz, in Austria, nel 1895. Completò la sua formazione musicale al Conservatorio Hoch’sche di Francoforte (assieme al suo contemporaneo compagno di studi Paul Hindemith) e rimase in Germania per tutta la sua carriera. Prima del 1945 ricoprì posizioni a Magonza, Francoforte, Munster e (dal 1941) a Strasburgo occupata dai tedeschi; dopo il 1945 accettò incarichi a Monaco e Baden-Baden, unendo quest’ultimo alla direzione della Tonhalle Orchestra di Zurigo. Dalla fine degli anni ’20 fino alla sua morte nel 1962, Rosbaud fu uno dei massimi esponenti europei della musica moderna. Le sue esibizioni accuratamente preparate ed eseguite gli valsero la gratitudine dei compositori e l’ammirazione della critica e del pubblico. Essendo gran parte della sua carriera trascorsa al servizio della radio tedesca, è stato registrato un gran numero delle sue esibizioni (comprese molte prime esibizioni), lasciando, come nel caso del Donaueschingen Music Festival, un’eredità preziosa che copre più di trent’anni. La musica del connazionale di Rosbaud Schoenberg, insieme a quella di Alban Berg e Anton Webern, ha avuto un posto d’onore nell’affetto del direttore, mentre il caloroso rapporto personale tra Rosbaud e Schoenberg è documentato nella loro corrispondenza ventennale, la maggior parte della quale rimane ancora inedita. Gli sforzi di Rosbaud a favore di Schoenberg e della sua musica diedero frutti già nel tardo periodo di Weimar, mentre negli anni del dopoguerra, dopo la pausa forzata dell’era nazista, Rosbaud divenne noto come il direttore di Schoenberg per eccellenza. Nulla di strano, quindi, che il Festival chiamasse Rosenbaud a dirigere la Serenade, 34 anni dopo la sua prima esecuzione, a capo della Southwest German Radio Symphony Orchestra (SWR Baden-Baden Freiburg Symphony Orchestra), un’orchestra radiofonica tedesca, fondata nel 1946, situata nelle città tedesche di Baden-Baden e Friburgo, di cui Rosbaud fu il primo direttore. Rosbaud era già noto come un paladino della musica moderna e Heinrich Strobel, il direttore musicale responsabile dell’orchestra, condivideva questa simpatia per la musica contemporanea. Così le esibizioni di musica moderna furono il fulcro dell’orchestra. L’orchestra è stata inizialmente sponsorizzata da Südwestfunk (SWF), una società di radiodiffusione pubblica con sede a Baden-Baden. Nel 1998 SWF si fusa in Südwestrundfunk (“Southwest Broadcasting”), che assunse anche la responsabilità dell’orchestra. L’ultimo direttore dell’orchestra fu François-Xavier Roth, con cui tenne il suo concerto finale il 17 luglio 2016 a Friburgo.
1Arnold Schoenberg, Letters, ed. Erwin Stein, trans. Eithne Wilkins and Ernst Kaiser (London: Faber and Faber, 1974), 243 (letter of 12 May 1947).

Per poter ascoltare questa registrazione occorre comprare il cofanetto di 12 cd, dedicato al 75esimo anniversario del festival intitolato “Various – 75 Jahre Donaueschinger Musiktage 1921-1996”, prodotto nel 1996 dalla casa discografica indipendente Col Legno in Germania. Troverete la Serenade all’inizio del secondo cd. Un piccolo investimento, quasi di antiquariato, ma ne vale la pena. Chi era il chitarrista? Non sono ancora riuscito a scoprirlo.
Altre versioni di questa registrazione:
Hans Rosbaud – The Art Of Hans Rosbaud Artis (6) – AT024 54 x CD, Compilation 2018