
“God Save The Queen/Under Heavy Manners” l’album dimenticato di Robert Fripp su #Neuguitars #blog #RobertFripp
Posso capire come questo album sia rimasto nel avvolto nell’oscurità del tempo fino adesso: nessuna ristampa, nessuna promozione, poche segnalazioni. La cosa non dovrebbe sorprenderci: chi ha mai perso tempo per recensire un prototipo? I prototipi sono idee messe in pratica spesso in modo diretto, quasi rozzo, tentativi, spesso falliti, che portano alla scoperta di errori, di possibilità, che una volta elaborate, ripulite, revisionate portano a un prodotto finito, spesso elegante, desideroso di successo e di approvazione. Quest’album è un prototipo, una forma curiosa e elaborata, dalla costruzione forse barocca, le cui pieghe sono state alla base di un qualcosa che si sarebbe poi visto sviluppare negli anni a venire e che posa le sue basi all’interno del sodalizio creativo tra Brian Eno e Robert Fripp negli anni nella seconda metà degli anni settanta. “God Save The Queen/Under Heavy Manners” è un incrocio di possibilità annunciate, alcune delle quali sono finite in vicoli ciechi, mentre altre hanno continuato a espandersi, fino agli ultimi lavori di Fripp, i recenti “Leviathan” e il box “Music for quiet moments”. Un incrocio che, a sua volta, permette diversi piani di lettura e di ascolto, lasciando all’ascoltatore solo l’imbarazzo della scelta.
Cominciamo dalla prima facciata del disco originale, “God Save The Queen”, conteneva registrazioni effettuate in tour nel 1979 dopo la pubblicazione di “Exposure”, performance a base di Frippetronics che Fripp eseguiva in luoghi non convenzionali (negozi di dischi, uffici, aree pubbliche, ristoranti, planetari) armato solo della sua chitarra Gibson Les Paul, di una pedaliera e di due registratori a nastri Revox. Sono per lo più esibizioni sparse con una melodia separata, che a volte appare tra gli strati e le texture generate dalla chitarra. Una stratificazione di chitarre improvvisate attraverso le 2 unità Revox. Questo è pura Frippertonics, con nient’altro che la chitarra di Fripp e nessun altro suono che non sia elaborato dai due registratori. La musica è qualcosa come il flusso e riflusso delle onde ed è, potenzialmente, molto rilassante. Ognuno dei tre brani è sia uno studio del minimalismo, sia la rappresentazione del desiderio di prendere le distanze dalla musica grandiosa che aveva creato tra l’inizio e la metà degli anni ’70. Le grandi produzioni di rock progressivo erano trapassate e Fripp stava cercando di attaccarsi alle band art-rock e new wave più all’avanguardia che stavano emergendo alla fine degli anni ’70. Anche il minimalismo ha avuto una grande influenza durante questo periodo. Compositori come Steve Reich e Phillip Glass sembravano quasi delle rock star e artisti pop come Devo e Talking Heads stavano godendo di un’enorme popolarità con il loro rock influenzato dal minimalismo. Non deve quindi stupire la presenza di Byrne nel brano “Under Heavy Manners”, un divertente esperimento di “Discotronics” che fonde Frippetronics e ritmi in quattro quarti da dancefloor con l’aiuto del bassista Busta Cherry Jones e del batterista Paul Duskin, e in cui Byrne canta ossessivamente urlando un testo in cui ogni strofa finisce in ‘ism’. E’ dance che potete ballare col cervello, magari mentre lavorate in uno studio di architettura.
È il David Byrne nevrotico dei migliori dischi dei Talking Heads, quello che nel 1979 gridava che “This ain’t no party, this ain’t no disco, This ain’t no fooling around No time for dancing, or lovey dovey, I ain’t got time for that now”. E nel 1980, effettivamente, non c’era più tempo né per la musica né per ballare, neanche al Mudd Club a al C. B. G. B. Anche perché, nel 1980, Fripp viaggiava veloce: “Exposure” era appena uscito nel 1979, “The League Of Gentlemen” e “Let The Power Fall” seguiranno a breve nel 1981, mentre la collaborazione col vecchio amico Andy Summers, “I Advance Masked” arriverà nel 1982. Aggiungiamo il ritorno dei King Crimson con una nuova formazione e con un album leggendario come “Discipline” e possiamo capire come Robert Fripp agli inizi degli anni ’80 sia un uomo in missione, alla ricerca di nuove possibilità e direzioni aperte. La seconda traccia, “The Zero of the Signified” dura più di 12 minuti e questa volta esplora ulteriormente il suono della band completa senza voce. La cosa bella di questa traccia è che dopo circa metà percorso, gli altri strumenti terminano mentre il paesaggio sonoro creato dal lavoro di chitarra di Fripp viene lasciato per finire la traccia, tornando alla nudità essenziale della prima parte dell’album. “Music On Hold” è una jam scoperta di recente durante i lavori di assemblaggio del box set di “Exposure” e che testimonia l’abilità e la fantasia di Fripp quando si tratta di improvvisare a lungo su un solo accordo.

“God Save The Queen/Under Heavy Manners” è un album palesemente imperfetto, un lavoro embrionale fatto di idee e di circuiti lasciati aperti, musica sperimentale su cui Fripp ha cominciato a costruire una personale carriera nell’ambito della musica ambient, indicando nuove direzioni per questo genere e dimostrando che la chitarra non era più solo lo strumento della musica pop e rock. Con la flippertronics la chitarra diventa qualcos’altro, inizia un suo personale percorso al di fuori della musica pop per diventare un oggetto intellettuale algido, al servizio della mente e del pensiero, non più solo del sudore e del sesso. Una prova generale del tentativo di spostare il suono della chitarra negli anni ’80. La cosa interessante qui è che ancora oggi le band e i chitarristi usano le sue tecniche e i suoi stili, tuttavia, con apparecchiature più aggiornate che producono suoni più interessanti. Ma la tecnica è ancora lì, le idee di Fripp sono ancora utilizzate e questo album, anche se non è esattamente un capolavoro, dovrebbe occupare una posto migliore per quanto riguarda la progressione della musica moderna. Riscopritelo, non lasciate passare altri quarant’anni.