I fantasmi, Jimi Hendrix, la chitarra elettrica, le scuse di Eric Chasalow: ‘Scuse me!”
Purple haze, all in my brain
Lately things they don’t seem the same
Actin’ funny, but I don’t know why
Excuse me while I kiss the sky
Voi credete nei fantasmi? Io sì. Permettete che spieghi meglio questa affermazione. Non credo alle presenze spettrali minacciose che fluttuano nell’aria avvolti in lunghi lenzuoli bianchi, ma agli spettri delle nostre memorie e alle risonanze tenute in vita dalle narrazioni che quotidianamente infestano le nostre vite. La nostra epoca è passata dall’accumulazione museale delle memorie in libri, registrazioni, collezioni e resti archeologici e architettonici, a un flusso costante di energie, immagini, narrazioni perdute, ripetizioni e meme che rendono il post-modernismo obsoleto come un dinosauro nell’era dei mammiferi. Eppure, anche in quest’epoca così dinamica e fluida c’è bisogno di “scaricare” queste memorie perché si possa tornare alla sua fonte originaria di forza e dinamica. Concediamoci una pausa per una breve lezione di storia.
L’11 gennaio 1967 fu probabilmente il giorno più produttivo in tutta la storia della Jimi Hendrix’s Experience. Quel fausto giorno vide la band lavorare in studio per tutto il tempo e poi suonare due spettacoli la sera, al Bag O’ Nails. La sessione diurna al De Lane Lea Studio aveva prodotto diversi brani, tra cui “Purple Haze”, “51st Anniversary” e un’altra versione di “Third Stone from the Sun”. Jimi aveva scritto il testo di “Purple Haze” nel backstage di un concerto due settimane prima, al piano di sopra nel camerino dell’Upper Cut Club il giorno di Santo Stefano del 1966. Anche se la canzone sarebbe stata per sempre collegata nell’immaginario popolare all’LSD, Jimi disse che era stata ispirata da un sogno che aveva fatto e che riguardava il romanzo Night of Light: Day of Dreams di Philip José Farmer, di cui aveva letto un estratto. In una delle prime bozze del testo, Jimi scrisse “Jesus saves” sotto il titolo, una battuta non tratta dal romanzo di Farmer, e che forse stava prendendo in considerazione come ritornello. In seguito si lamentò del fatto che la versione della canzone che venne pubblicata, – e che diventatò il secondo singolo di successo degli Experience – era stata accorciata. “La canzone [originale] aveva circa mille parole”, disse a un intervistatore. “Mi fa arrabbiare così tanto, perché non è nemmeno ‘Purple Haze’. Dopo quella lunga sessione in studio, che era stata più difficile del solito—avevano trascorso quattro ore solo su “Purple Haze”—Jimi e la band avevano ancora due spettacoli da fare al Bag O’ Nails. Night club leggendario che sembrava uscito da un romanzo di Charles Dickens, il Bag si trovava in fondo a una lunga scalinata in uno scantinato umido in una stradina di Soho. La folla che si era radunata quella sera per vedere gli Experience suonare era l’élite del rock londinese. Se quella notte una bomba fosse stata sganciata sul Bag, la scena musicale britannica avrebbe potuto tranquillamente cessare di esistere. Sebbene ci siano diverse versioni di chi fosse esattamente tra il pubblico, la maggior parte dei resoconti include Eric Clapton, Pete Townshend, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr, Mick Jagger, Brian Jones, il manager dei Beatles Brian Epstein, John Entwistle, Donovan, Georgie Fame, Denny Laine, Terry Reid, Jeff Beck, Jimmy Page, Lulu, gli Hollies, i Small Faces, gli Animals e Roger Mayer. Mayer non era famoso quanto gli altri, non era nemmeno una rock star, ma era un mago dell’elettronica che nel tempo libero creava scatole di effetti per chitarristi. Mayer rimase così colpito da ciò che sentì che in seguito avrebbe realizzato questi effetti esclusivamente per Jimi.
“And he played it, and banged the shit out of this bloody thing, and takes off into outer space. Imagine the most horrible song in the world turned into the most beautiful.” Reid went to the bathroom at one point and, coming back, bumped into Brian Jones. “It’s all wet down in 178 C H A R L E S R. C R O S S the front,” Jones warned. Reid replied: “What are you talking about? I can’t see any water.” To which Jones said, “It’s wet from all the guitar players crying.
Room full of Mirrors A Biography of jimi Hendrix by Charles R. Cross
La più grande testimonianza di quanto fosse veramente rivoluzionario Jimi potrebbe essere quella secondo cui poco prima che il master tape del singolo “Purple Haze” fosse spedito dalla Track Records di Londra alla Warner Bros./Reprise Records di Burbank per la rimasterizzazione, sulla scatola del nastro furono scritte le seguenti parole: “DELIBERATE DISTORTION. DO NOT CORRECT.” Esiste una storia della chitarra elettrica prima di Hendrix, e una storia diversa dopo di lui. Grandissimo innovatore sia in termine di stile che di contenuto, aveva imparato a suonare la chitarra al contrario, a suonare in ogni stile immaginabile. Non sapeva scrivere la musica, ma imparava la struttura delle canzoni con velocità sbalorditiva. Aveva paura di cantare, eppure aveva imparato a usare la sua voce per esprimere fascino, sessualità e persino disperazione. Visse in condizioni di estrema povertà, abbandonato da parte della sua famiglia e disprezzato dai capi delle bande in cui suonava. Di volta in volta, gli venne detto di smettere di suonare la chitarra con quello stile unico che gli avrebbe permesso di rivoluzionare e ridefinire lo strumento per sempre. Rifiutò di cedere, continuò per la sua strada alla faccia del razzismo da parte dei bianchi, dei limiti dell’attrezzatura e del rifiuto da parte dell’establishment della musica nera, del pubblico spaventato e dei direttori delle band che non potevano apprezzare la sua inventiva.
“Purple Haze” parte con il riff di due note più noto nella storia del rock: l’intervallo di un tritono o quinta bemolle, considerato come il “Diablo in Musica”. Suonare la nota avrebbe dovuto richiamare il diavolo, quindi ai compositori di musica religiosa fu vietato di usarla. “Purple Haze”, ancora più di “Hey Joe”, rappresenta la prima vera indicazione della cifra stilistica e dell’inventiva di Hendrix, di come potesse essere allo stesso tempo un chitarrista solista, ritmico e un bassista, e un cantante. Soprattutto, la canzone è un bell’esempio della libertà insita nel modo di suonare di Hendrix, uno stile dove la “sensazione” era molto più importante del virtuosismo raffinato. L’uso di tecniche a corda aperta, gli intervalli di quinta bemolle, gli Hammer-On e i Pull-Off, i suoni modali e il famoso ‘Hendrix Chord’ (la nona diesis), tutto contribuisce a creare un suono sporco, grezzo, metallico, spigoloso, pieno di energia e di vita. L’accordo di nona in diesis è particolarmente interessante, perché dimostra come Jimi abbellisse gli accordi per aggiungere nuovi colori alla musica, spesso derivati dalle sue radici nella musica nera.
La tecnologia ebbe un effetto rilevante per Purple Haze. Mayer aveva costruito una “Octavia” e Jimi usò il dispositivo in “Purple Haze”: poteva cambiare le note della chitarra di un’intera ottava, creando un effetto ultraterreno. “Jimi mi chiedeva sempre: ‘Roger, cosa possiamo fare?'”, ha ricordato Mayer. “Stavamo cercando di usare i suoni per creare emozioni e dipingere immagini. All’epoca avevamo solo una tecnologia grezza, ma se non avessimo avuto qualcosa lo avremmo costruito”. Jimi soprannominò Mayer “The Valve” e lo definì la loro arma segreta. Usando le invenzioni di Mayer, insieme a prodotti disponibili in commercio come il Vox Wah-Wah e il Fuzz Face, Jimi fu stato in grado di creare suoni che nessun altro chitarrista all’epoca avrebbe potuto facilmente imitare.
Adesso facciamo un salto temporale. Siamo nel 1998 e il chitarrista e compositore canadese Tim Brady commissiona a Eric Chasalow un brano per chitarra eletttrica e tape: nasce “’Scuse me”. Eric Chasalow (1955, USA) è un compositore, artista del suono, polistrumentista, produttore discografico e insegnante. È particolarmente noto per le opere che combinano l’uso di strumenti con suoni elettronici, ma ha collaborato con altri musicisti e artisti per creare una vasta gamma di progetti. ARRAY, la rivista dell’International Computer Music Association, ha scritto che la sua musica… “lo indica chiaramente come uno dei leader dei nostri tempi… offrendo una meravigliosa fusione tra stili e mezzi distinti”. Ha pubblicato diversi cd, che dimostrano una produzione musicale articolata e complessa.
“My own music to date has explored a broad spectrum of possible solutions, from pieces that extract some essential quality of well-known material (such as And It Flew Upside-Down, 1994) to those that recontextualize iconic “samples” (‘Scuse Me for electric guitar and electronic sound, 1998 which is saturated with motives from Purple Haze), to a series of composer portraits (Left To His Own Devices, 1996, Milton Babbitt; Portrait of the Artist, 1997, John Lennon; Wolpe Variations, 2003, Stefan Wolpe; Into Your Ears, 2004, Mario Davidovsky), all of which draw upon interview and oral history sources as well as the subject’s music. “
“’Scuse me” è un brano complesso, caratterizzato da numerosi riferimenti stilistici, dove il fantasma semiotico di Jimi Hendrix la fa di gran lunga da padrone. “’Scuse me” è l’ammissione implicita dell’accettazione di vivere in un mondo saturato dai segni. I surrealisti credevano che gli oggetti del mondo possedessero una determinata, ma non specificabile, intensità che veniva smorzata dall’impiego e dall’uso quotidiano. La nostra epoca fa la stessa cosa coi contenuti culturali. Sia noi che i surrealisti viviamo nel desiderio di rianimare questa intensità sopita, in modo da ricondurre ancora le menti in contatto ravvicinato con la sostanza che costituisce il mondo. La massima di Andrè Breton “Bello come l’incontro casuale fra una maccina da cucire e un ombrello su un tavolo operatorio” e l’aurea insita negli oggetti artistici individuata da Walter Benjamin, sono l’espressione della convinzione secondo cui il posizionamento di oggetti culturali diversi all’interno di un contesto insolito rinvigorisce le loro misteriose qualità.
The obsession with the devices of electroacoustic music is as much a problem for composers as it is for scholars. Music by definition is highly abstract, and thinking in music is hard, even more so when there are frequently no scores to consult. It is much easier to become immersed in the features of some new “toy.” The non-abstract, concrete aspects of music hardware and software make these much easier to relate to than music itself.
THE OPPORTUNITY OF ELECTROACOUSTIC MUSICOLOGY — ERIC CHASALOW
Se l’impiego del linguaggio è un riflesso della coscienza e della creatività umana, allora il futuro del linguaggio è connesso all’eterno evolversi dello stato di consapevolezza umana. Possiamo pensare al campionamento della voce e dei suoni di Jimi Hendrix come una storia che ci stiamo raccontando; del mondo così come lo ascoltiamo e il teatro dei suoni che implicitamente questi frammenti evocano, come un unico racconto composto da molti altri.
Oggi c’è uno scarto tra mondo percettivo interno e esterno su cui tutte le filosofie dei media hanno scritto, filmato, colpito, caricato, riordinato, collegato e giocato. All’interno del contesto di questo luogo interstiziale in cui i pensieri possono essere media, sia che ci appaiano familiari sia che non lo siano, i “tipi” di pensieri non importano necessariamente. In questo mondo non esiste una tassonomia della immaginazione. Chacalow con questo brano di dimostra essere un bravo manipolatore e evocatore di processi di pensiero. Viviamo un’epoca in cui la citazione e il campionamento operano a livello talmente profondo che l’archeologia di ciò che può essere chiamato “conoscenza” fluttua in un reame oscuro tra il reale e l’irreale. E’ la struttura delle percezioni e delle memorie, evocate da “’Scuse me” e condizionate dal processo del pensiero, che riecheggia e configura il modo in cui i testi che ci sono familiari vengono fuori mentre ascoltiamo e pensiamo. “’Scuse me” è una buona metafora del modo in cui riduciamo a sistema l’esperienza umana. Chacalow ci mostra come la chitarra elettrica sia un oggetto fisico in grado di mappare gli oggetti di suono basandosi sui tipi di metafore che utilizziamo per racchiudere la cultura dell’informazione contemporanea. Pensate a “’Scuse me” come a un modo di ascoltare il suono del mondo, che si schiude in un riff di chitarra.
Help me, help me. . . .
Yeah, Purple Haze all in my eyes
Don’t know if it’s day or night You got me blowin’, blowin’ my mind
Is it tomorrow or just the end of time?